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05/02/2025   MISSINCAT
  ''Siamo molto meno originali di quanto vorremmo credere, ripetiamo tutti pattern molto simili...''

Con una carriera che ha saputo attraversare confini e culture, Caterina Barbieri, alias MISSINCAT, incarna la fusione tra radici italiane e influenze internazionali. Originaria di Milano, ha presto tracciato la sua rotta verso Berlino, città che ha contribuito a plasmare la sua visione artistica in modo decisivo. Fin dal debutto nel 2009 – quando si esibì in apertura per nomi come The XX e Amy Winehouse – la sua proposta musicale ha saputo evolversi, portandola a realizzare cinque album, un EP e diverse collaborazioni nel campo della produzione cinematografica. La sua ultima opera, ''Earthling'', rappresenta il culmine di un percorso ricco di sperimentazioni sonore e narrazioni emotive.

In "Earthling" sembra quasi che tu abbia creato un "bestiario" di tipi umani, osservati con curiosità e compassione. C'è un "earthling" in particolare che ti ha affascinato di più durante questo processo e perché? ''Più che sull’individualità dei “terrestri”, il mio fuoco è stato su quanto questi appartengano allo stesso genere umano. Siamo molto meno originali di quanto vorremmo credere, ripetiamo tutti pattern molto simili, sia come individui che come società…''.

Hai parlato di un distacco emotivo dalle canzoni, dovuto al tempo trascorso dalla loro composizione. Questo distacco ti ha permesso di "riscoprirle" con occhi nuovi? ''Esatto, con il lusso di ascoltarli come se fossero brani di qualcun altro, quindi vederne pregi e difetti in maniera più obbiettiva''.

C'è stato un brano in particolare che ti ha sorpresa o che hai interpretato in modo diverso a distanza di tempo? ''Quando ho riaperto “Heart of fire” aveva una “vibe” un po’ The XX che mi è sembrata vecchiotta, ho sostituito le chitarre elettriche con sintetizzatori e archi''.

La cover di "Karma Police" dei Radiohead è una scelta interessante. Cosa ti ha spinto a reinterpretare questo brano iconico e cosa hai voluto comunicare attraverso la tua versione? Hai cercato di "alienarlo" ulteriormente o di renderlo più "terrestre"? ''Karma Police fa parte del mio patrimonio musicale di gioventù più interiorizzato, ne conosco ogni virgola, l’ho voluto semplicemente fare mio senza sofisticherie, riproponendolo attraverso la mia palette di suoni e la mia voce''.

"Heart Of Fire" è un brano che parla di speranza in tempi difficili. Credi che la musica abbia un ruolo specifico nel fornire conforto o ispirazione in momenti di crisi? E come pensi che "Earthling", nel suo complesso, possa risuonare con l'ascoltatore di oggi? ''Earthling tocca un paio di tematiche sociali importanti ma non è un disco politico perché a livello testuale è precedente agli sviluppi catastrofici e sanguinari di una politica disumana che osserviamo da più di un anno. Conforto e ispirazione sono le parole giuste, spero che nel prossimo futuro avremo modo di sentire più politica nelle canzoni. Mi sono sempre esposta a livello sociale e politico fin dal mio primo disco, ''Shoot!'' parlava della guerra in Iraq, ''Made of stone'' di un profugo siriano, ''Mare dei morti'' dei barconi nel Mar Mediterraneo. Ritengo che sia compito dell’artista proporre spunti di riflessione di fronte alle ingiustizie''.

Hai detto di esserti affidata molto al feedback esterno durante la produzione. C'è stato un commento o un suggerimento in particolare che ha influenzato significativamente la direzione di un brano o dell'intero album? ''Non ricordo un commento in particolare, più che altro ho condiviso con un paio di orecchie fidatissime il processo di mettere insieme brani che appartenevano a molte vite diverse''.

Se "Earthling" fosse un film di fantascienza, quale sarebbe il suo regista ideale e perché? E quale scena di questo ipotetico film rappresenterebbe al meglio l'essenza dell'album? ''LOL, secondo me tu in idea ce l’hai già…ce lo vuoi dire tu?''.

Ok ci provo. Se “Earthling” fosse un film di fantascienza, lo immagino come un progetto firmato da Michel Gondry. La sua capacità di fondere il surreale con il quotidiano, creando mondi in cui il confine tra naturale e artificiale si dissolve, rispecchia perfettamente l’anima dell’album. Mi vedo una scena in cui un personaggio solitario vaga per una città sospesa tra luci al neon e ombre antiche: ogni battito di sintetizzatore si trasforma in un palpito di vita, ogni tocco di violoncello richiama la fragilità dei ricordi. In questo scenario, la città stessa diventa un carillon vibrante, dove il tempo rallenta e ogni angolo racconta una storia fatta di speranze, smarrimenti e nuove albe. Un viaggio visivo e sonoro che ci invita a scoprire, oltre le apparenze, l’intimità di un mondo che è al contempo terrestre e straniero.