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28/01/2025   BOCCUTO
  ''Per fortuna ho sbagliato tutto, ritrovandomi in mano una canzone coerente con le mie viscere, coraggiosa...''

Capisce il suono e la produzione che di certo non fa sfoggio di chissà quale trasgressione o di chissà quale innovazione, dove l’elettronica è corredo ad una scrittura semplice, una voce sicura sempre molto intonata e sempre molto ben ispirata. Parliamo di pop d’autore sentito nell’urgenza di canzoni dentro cui la tessitura melodica e sonora sa essere davvero personale. Ecco: niente di nuovo ma tutto molto personale. “Il cielo non cade mai” è il primo disco di Marco Boccuto.

Io partirei proprio dal titolo: “Il cielo non cade mai”. Un’immagine potente ma comunque un’immagine che ha anche risvolti sociali. Quanto nasce dalla distopia che viviamo attorno? ''Moltissimo.. viviamo un momento storico in cui tutto è valido e vale anche il contrario di tutto. Il Cielo non Cade Mai, nemmeno quando una persona facilmente criticabile diventa il presidente degli Stati Uniti. Mi viene da ridere ma ogni volta che ci sono le elezioni la mia canzone sarà eternamente valida, purtroppo''.

Come dentro "Cinema a metà”: lirica ed elettronica in un dialogo futuristico quasi. Come costruisci il rapporto tra testo e suono intimo, introspettivo? ''Tutto frutto del caso, o quasi... cercavo una canzone da stadio e felice, pop leggero per un pubblico tipo quello di Alessandra Amoroso. Poi è uscita una canzone introspettiva e nordica, alla Marco Boccuto. Per fortuna ho sbagliato tutto, ritrovandomi in mano una canzone coerente con le mie viscere, coraggiosa, su cui ho puntato per aprire il disco e sorprendere''.

In "Razza di ragazza" celebri lo stupore dell’amore. Oggi l’amore stupisce ancora? ''Sì. Anche chi dice di non desiderarlo sa di mentire''.

Il brano “Myazaki” l’hai lasciato piano e voce. Quanto conta l’essenzialità del suono per te? ''Questo è un tema su cui devo migliorare. Sono un pianista da pianoforte e il suono di ''Myazaki'' è una riproduzione digitale, preferisco il pianoforte reale. In generale disporre di suono qualitativo permette l’equazione LESS IS MORE, in cui credo fortemente''.

E quanto conta appartenere al tempo che viviamo? ''Tante cose contano per contare... oggi contano molto gli algoritmi e si può scadere nello scrivere canzoni tutte uguali. Gli autori professionisti studiano il momento per adattare le canzoni ai cantanti che seguono, gli artisti vanno dritti per la loro strada finché un incidente di percorso fa in modo che le mode tornino da loro. Gli artisti per questo sono pochi. Poche cose contano per cantare...''.