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20/12/2024
10/12/2024 POCODIGIORGIO
''Cambiando punto di osservazione si determina che ci siano allo stesso tempo diverse realtà, e non solo la nostra...''
Sembra davvero che ci sia del grunge sotto la pelle del calabrese Pocodigiorgio che, a dirla tutta, ci regala un lavoro di delicatissima canzone d'autore. Si intitola “La Vita nel Cosmo” uscito per Boc, dove elettronica e sospensioni quasi apocalittiche, colorate da questa timbrica sottile che a tratti richiama un Niccolò Fabi in grande spolvero, mi regalano visioni di un mondo ancora da comprendere, anime in perenne viaggio verso una quiete più che una pace. Sono letture di sensazioni estemporanee per questo esordio dal fortissimo potere evocativo...
Un lavoro quasi completamente personale. Questo senso di "solitudine" torna spesso nei dischi di oggi... per te cosa significa? ''Siamo sempre più soli. Io non mi posso lamentare, non mi sento proprio così solo, ma sento comunque l'effetto dell'individualismo dilagante qui da noi, nella parte del mondo dove si sta bene intendo.
In fin dei conti è questo quello che ho cercato di raccontare senza troppe pretese. Ci settorializziamo, studiamo per tutta la vita ormai, ma il mondo nella sua interezza non lo comprendiamo affatto, e nemmeno noi stessi perché ci compariamo continuamente all'immagine di chi sta su uno schermo e che sembra semplice come noi, ma con una vita più figa. Dall'altra parte c'è la guerra, e forse lì si sentono meno soli di noi, chissà. Sono più umani di noi dato che la vita la si rischia ogni giorno e si perde. Questo mondo, quello che viviamo noi, sicuramente lo subiamo, ecco spiegata forse tutta questa solitudine di cui si canta''.
La vita è sempre una contesa di proporzioni. Quasi sempre è da lì che dobbiamo ricavare una chiave di lettura opportuna. Come a dire: cambiando angolazione, cambia il problema o come lo percepiamo? ''Per togliere peso alle cose tendo a relativizzare, ma poi mi rendo conto che è un illusione anche quella, le questioni, grandi o piccole che siano, vanno sempre di pari passo con la capienza del proprio stomaco. E poi, come suppose Einstein, lì dove c'è un buco nero l'universo si piega su se stesso come un foglio di carta. Cambiando punto di osservazione si determina che ci siano allo stesso tempo diverse realtà, e non solo la nostra''.
Questo suono tanto mi fa pensare al gelo di paesaggi sospesi e silenziosi. Sbaglio? ''Sicuramente si riferisce a come percepiamo i paesaggi. Ma sì, trovo che i paesaggi di questo genere rappresentino davvero l'unione che c'è tra noi e tutto il resto''.
Quanta nostalgia e resa ha scritto questo disco? ''Molta in verità, ero mosso da anni tosti. C'erano in ballo cambiamenti, sono tornato a Bologna, ed ho fatto tante nuove amicizie. I rapporti sono una cosa complessa, ho scoperto crescendo.
Ho capito che qualcosa o qualcuno, e parti di te, si perdono per strada, tante nuove cose accadono e altre ritornano sorprendentemente. C'è tutto questo, le canzoni o le cose che scrivo mi capita di scriverle proprio per buttare fuori le suggestioni che mi sento addosso, un po' per esorcizzarle e un po' perché semplicemente la musica mi fa stare bene. Mi fa stare bene anche scrivere di cose che mi fanno male, oppure che mi riguardano ma non mi rappresentano. Se per resa intendiamo proprio arrenderci, io non mi arrendo, ma penso che il nostro agire può servire all'umanità solo se facciamo della nostra vita un messaggio di pace. Non so se a qualcuno possa realmente fare del bene, ma meglio provare ad assecondare le proprie passioni e trasmettere l'entusiasmo a chi hai intorno. Mi sento così ora, non più nostalgico ma proiettato verso il nuovo, questo disco è stato la digestione di questi ultimi anni''.
E resto sull'argomento per citare il disegno di copertina: non so da dove partire per le mie letture. Ma anche ispirato dal disco ti chiedo: quanta resilienza c'è nell'accettare la vita? ''Questa è una domanda complessa, quasi teologica. Io ho raccontato, attraverso una cornice musicale sospesa, questioni terrene che rimangono per un tempo limitato, forse fino all'esistenza della nostra specie, o fino a quando, grazie a Elon Musk, potremmo essere trasferiti nei cervelli dei robot come floppy disc, capaci di resistere ad altissime temperature ed ere geologiche per i prossimi quattro miliardi di anni''.