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03/12/2024
03/12/2024 MASSIMO PRIVIERO
''Della musica ti finisce dentro quel che ti emoziona e ti piace, da qualunque parte arrivi...''
Ancora un disco di inediti per il grandissimo rock d’autore firmato da Massimo Priviero. Esce “Diario di vita”, e noi non potevamo non sottolinearlo con emozione e trasporto: ci racconta la vita, ci racconta quello che è stato, quello che ha contaminato il futuro, il presente, gli addii e i tanti ritorni. Come fosse un diario, questo disco ha la potenza del folk e la smisurata visione del rock. Come fosse un diario allora… giorno per giorno…
È un titolo importante. Domanda difficile: hai cantato quello che è stato o quello che avresti voluto che fosse? ''Che bella domanda. Entrambe le cose probabilmente. Ma più quello che è stato e che ho cercato di tradurre nella mia vita. Il bambino, il ragazzo, l'uomo. La forza di vivere e Il coraggio di farlo probabilmente. Cadi e ti rialzi. Ma non mi far dire cose che già sai''.
Se oggi tuo nonno ascoltasse questo disco? Secondo te… cosa penserebbe? ''Mio nonno paterno era un uomo meraviglioso. Ma anche alla fine era un disincantato dalla vita. Forse per tante cose brutte vissute e che aveva visto a partire dalla sua guerra. Forse mi direbbe "Bambin, sei stato bravo a conservare per strada idealità e valori giusti. E sei stato bravo a trasformare la tua passione e i tuoi talenti nel tuo mestiere. Su altre cose non sei stato così bravo. Per esempio quando hai mandato in mona troppa gente nel momento sbagliato". Avremmo sorriso. Poi ci saremmo bevuti insieme un bicchiere di vino. Poi saremmo andati insieme a camminare in riva al mare. Senza tante parole''.
Esiste una persona di questo diario che più di altre lo ha vissuto o dovrà viverlo da vicino? Esiste cioè un co-protagonista da segnalare oltre te? ''Non so. È un album molto autobiografico certamente. Ma è anche un po' la biografia di una generazione. Di chi è stato ed è ancora nel mondo in modo simile al mio intendo.
Per questa ragione fondamentale lui può condividerlo e sentirlo suo. Anche se nella vita ha fatto altro che non sono dischi e concerti. Il modo di stare al mondo, intendo dire, resta assai simile. In quel modo sei assai vicino. Per cui può essere lui stesso "protagonista"''.
L’Italia e la tua terra come radice. Ma il suono di Priviero con l’Italia non ci ha mai condiviso molto… se il diario parla di questa terra, il suono da dove viene? ''Sempre c'entrato poco col suono "italiano". Pure con quello di alcuni cantautori che rispetto molto ma che mi han sempre dato poco o niente. Parlo per me ovviamente. Sono figlio di certo rock d'autore diciamo angloamericano. Ho radici folk e anche blues. Nel mio totem di dischi da ragazzo credo non ci fossero più di quattro o cinque dischi italiani. Però qui ho le radici. Parlo, sogno, scrivo e canto per mia scelta in italiano. La sfida per me è sempre stata questa. Far suonare in italiano qualcosa che ha poche radici italiane. Anche se, alla fine e credo che converrai, la bellezza della musica è proprio in questa assenza di confini. Ti finisce dentro quel che ti emoziona e ti piace, da qualunque parte arrivi''.
E possiamo dirlo che dal punto di vista sonoro le tue origini sono altre? Le hai mai raggiunte? ''Come dicevo prima ho avuto altri riferimenti. Ti dirò che ormai mi son pure "rassegnato" al timbro che mi diedero ormai trenta anni fa. Il discorso dello Springsteen italiano intendo. Poi è ovvio che ho sempre ammirato molto l'uomo del New Jersey, ed è anche un onore il paragone. Allo stesso modo considero ancora Dylan un regalo all'umanità. Ma, tornando a quel che dicevo, molti ti timbrano perché rimane il modo più semplice con cui si risolvono la fatica di approfondirti. Ma questo è il gioco che hai accettato anche tu di fare e te lo fai andar bene. Finché ne hai voglia. Sul fatto di aver raggiunto certe origini, come tu dici, lascio giudicare chi lo desidera. Non esiste perfezione per nessuno. Siamo sempre spinti dalla necessità di far meglio e meno male che questo accade. Ovviamente prescindendo da fama e successo raggiunti in questo mondo, che quasi mai c'entrano col talento di un uomo. Specie nei tempi di oggi e specie con la musica che ci arriva. Radioline o festival non significano naturalmente, nulla intendo dire, rispetto ad un qualsiasi valore artistico''.