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19/11/2024
14/11/2024 OLDEN
''Voglio esprimermi come un artigiano, far sentire l’odore del legno e della fatica...''
Ciao Davide. Il tuo percorso musicale ha origini nel 2011 con il primo album in inglese seguito da altri 7 in lingua madre. Negli ultimi lavori alla produzione c’era Flavio Ferri (Delta V) mentre oggi, nel nuovo disco “La fretta e la pazienza” ti sei affidato ad Ulrich Sandner. Come è scaturita la scelta e quali sono le differenze che riscontri tra i due produttori? ''La scelta di autoprodurre il disco insieme ad Ulrich è stata piuttosto naturale ed è una decisione che ho preso insieme a Flavio, dopo una serie di chiacchierate e di provini registrati a metá dell’anno scorso.
Questo disco aveva bisogno di un vestito scarno, essenziale, e senza filtri intermedi; si trattava di una vera e propria faccenda privata, con la quale dovevo fare i conti, e soltanto io.
Volevo esprimermi come farebbe un artigiano con la propria creazione, far sentire l’odore del legno e della fatica, come se fosse una creazione “in diretta”, con tutti i pregi e i difetti dell’immediatezza''.
Col nuovo album appare la voglia di esprimerti in dimensioni più intime, viscerali, scevro da una contemporaneità che, invece, richiede maggiore ricchezza progettuale. Com’è scattata questa tua esigenza? E’ stata una scelta ponderata che ha richiesto parecchio tempo? ''Il tempo è il concetto fondamentale sul quale si appoggia questo nuovo lavoro, in particolare la necessità di riprendercelo, senza affanni, senza pressioni, senza spinte esterne, ma mosso solo dalla verità che ho cercato di mettere dentro alle canzoni.
E’un disco che non ha voglia né il bisogno di essere contemporaneo, non perché manchi di ricchezza progettuale (esistono dei dischi assolutamente minimali che hanno segnato profondamente la storia della musica, penso ad esempio a “Songs of love and hate” di Leonard Cohen, “Murder Ballads” di Nick Cave, o “Pink Moon” di Nick Drake) ma semplicemente perché non si riconosce nell’attuale panorama discografico italiano, specialmente in quello cosiddetto “mainstream”.
E per questo mi sono preso tutto il tempo necessario, senza scadenze, senza nessuno stress che arrivasse dal mercato.
Il tempo lo ha dettato soltanto il bisogno di buttare fuori le mie tempeste (“la fretta”), ed il desiderio di realizzarlo con amore e rispetto (“la pazienza”)''.
I due sostantivi che citi nel titolo fanno parte prepotentemente del vivere quotidiano ma, ovviamente sono in chiara antitesi. Quanto hanno inciso nella tua vita la fretta e la pazienza e quali riflessioni in più ti hanno ispirato? ''In questi mesi di lavoro ho avuto modo di pensare, riflettere, ragionare.
Ed ho capito una cosa importante: siamo noi a decidere come impiegare il nostro tempo, siamo noi che stabiliamo quanto tempo e quanta attenzione possiamo dedicare alle cose che ci succedono.
La fretta è quella che ci spinge, spesso, a voler superare un momento di difficoltá, è la voglia di superare un dolore, ed andare avanti.
Ma la verità è che un dolore, così come un momento di felicità, ha bisogno del suo tempo, per essere compreso, analizzato, vissuto e poi superato.
Ed è qui che interviene la pazienza, la capacità di “patire” e di sopportare, il bisogno di consapevolezza che ci aiuta a capire e poi, finalmente, ripartire, guardando avanti.
Ma questo concetto non riguarda solo le nostre vicende personali, ma in fondo può toccare ogni angolo del mondo ed ogni ambito.
La fretta è anche quella di chi decide di sganciare le bombe sui civili, la pazienza è il grido disperato e insistente di chi chiede la pace, di chi cerca un punto d’incontro, di chi invoca la solidarietá ed il rispetto dell’essere umano.
La fretta è pure l’ansia del mercato discografico, che tutto utilizza, trita e fagocita, per poi passare ad altro; la pazienza è quella di chi, voltando le spalle agli algoritmi e prendendosi il suo tempo, decide di muoversi in libertá, inseguendo il proprio concetto di bellezza, e non quello già condiviso e che tutti si aspettano.
E così per ogni vicenda umana, personale o collettiva.
Tutto funziona così''.
Nella titletrack c’è la prestigiosa presenza di Paolo Benvegnu’ (che poi è il solo ospite del disco). Cosa lo ha convinto a partecipare? Forse la tematica accomunante nel voler cancellare velocemente un dolore che va di pari passo con l’inevitabile attesa per poi tornare a ripartire nel vissuto esistenziale, o cos’altro? ''Paolo Benvegnù è uno dei piu’ grandi cantautori della nostra epoca, ascoltavo ed amavo la sua musica quando ero poco piu’ che un ragazzo, all’epoca degli Scisma.
E Paolo è uno dei pochi veri “artigiani” della musica, nel senso piu’ alto del termine.
Mai allineato, mai asservito, mai compiacente, un autore che mette i contenuti al centro della propria visione artistica, mostrando tutte le sue fragilità, ma anche tutta la sua forza.
Il nostro è stato un incontro che potremmo definire casuale, ma alla luce dei fatti credo che si tratti di uno dei regali che la vita paziente può darci alle volte; ci siamo riconosciuti e ci siamo abbracciati, anche idealmente.
La cosa piu’ bella è che quando gli ho chiesto se volesse collaborare con me mi ha risposto “stavo per chiederlo io a te”.
Non credo serva aggiungere altro, quando succedono certe cose, significa che non poteva essere altrimenti''.
Sei originario di Perugia ma da qualche anno vivi a Barcellona e presumo che sia una città che offra interessanti stimoli artistici e, forse, un’apertura verso la musica più ampia rispetto all’Italia, è così? ''Barcellona è una città sempre sorprendente, mai uguale a sé stessa, un posto dove chiunque puo’ sentirsi a suo agio senza sentirsi mai giudicato.
Non è ancora Francia ma forse non è piu’ nemmeno del tutto Spagna, è una città del Mediterraneo ma molto vicina ai Pirenei, è un crogiuolo dinamico ed elettrico, con una forte identità ma aperta al mondo.
Gli stimoli sono perciò innumerevoli, ma non necessariamente soltanto quelli musicali.
Le canzoni le scrivono le nostre esperienze, quando ci accade qualcosa.
E a Barcellona è impossibile annoiarsi''.
Dal primo disco omonimo in inglese, son passati 13 anni da solista (dopo la militanza nei Roarr, Zonaplayd e Figli di John) e credo che ormai la tua scelta sia forse definitiva. Però, talvolta, non ti è più balenata l’idea di tornare a militare (anche) in una band? ''Sinceramente non credo che tornerò mai a far parte di una band, è molto faticoso, va bene forse a vent’anni, ma dopo i quaranta la cosa migliore è lavorare con sé stessi, senza troppi compromessi.
Detto ciò, non sappiamo mai cosa ci riserva questa buffa esistenza, per cui, chi vivrà vedrà''.
Già è in programma promozionare “La fretta e la pazienza” con Live e/o showcase? Chi sarà con te sul palco? Sceglierai la formula in acustico per adattarla al mood dell’album oppure, magari, testerai anche la formula in elettrico? ''Il tour di presentazione del nuovo disco è già partito, con il live del 18 ottobre a La Cave di Sanremo, quello del 6 novembre al Teatro Arciliuto di Roma, e con il live “in casa”, a Barcellona il 23 novembre alla Libreria Byron.
Presto arriveranno altre date, vorrei portare queste canzoni il piu’ lontano possibile, ed ovunque ci sia un angolo pronto ad accoglierle.
Per quanto riguarda la formazione, di sicuro ci sarò io ed un piano, poi, a seconda della situazione, sarò accompagnato alla chitarra da Ulrich Sandner e al violoncello da Simona Colonna.
Perciò vi aspetto, senza fretta. (Max Casali)