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02/08/2024   CARLO RIZZOLO
  ''Sollecitare emozioni che io chiamo correttive, o benefiche, anche attraverso la musica...''

Ciao Carlo. La tua vita artistica di chitarrista-cantautore convive con quella professionale di psicologo/psicoterapeuta. Ci sono, in qualche modo, risvolti e/o affinità tra le due attività? Se sì, quali elementi ti sono d’aiuto per la musica? ''Circa le affinità tra la mia attività di psicoterapeuta e la musica, esiste a parere mio una fortissima correlazione. Sondare l'animo umano e sollecitare emozioni che io chiamo "correttive" o benefiche anche attraverso la musica è una chiarissima connotazione con la mia professione''.

Il 24 aprile è uscito il nuovo album “Four corners”, nel quale si avverte una grande passione per l’universo musicale americano. Cosa ti spinge in tal direzione? ''L'universo della musica west coast americana degli anni '70, con quella pulizia acustica e armonizzazioni vocali impareggiabili, mi ha avvicinato prepotentemente alla musica e da subito ho voluto esserne in qualche modo protagonista più che mero esecutore. Motivo per cui sin dai primi passi ho iniziato a scrivere pezzi miei che via via andavano definendo sempre di più un mio personale stile, ancorchè conforti influenze da Neil Young a Joni Mitchell a Jackson Browne sino a John Denver e tantissimi altri''.

L’uscita del disco è anticipata da una triade di singoli. Oltre alla titletrack, “Sitting bull” e “Not only a father”: quest’ultimo è una splendida dedica a tuo padre. Cosa aveva di speciale e qual è il maggior insegnamento che porti nel cuore? ''Mio padre, come "recita la canzone", non era solo un padre e non era solo un uomo. Mi ha lasciato in eredità l'amore per il prossimo, la bontà d'animo, il rispetto ad ogni costo del genere umano''.

Le coordinate della tua musica portano nei sentieri del bel folk che fu, immortalato, per decenni, dai vari Neil Young, James Taylor, Joni Mitchell. I tuoi ascolti adolescenziali erano in gran parte questi oppure ce n’erano anche altri che, forse (?) potresti integrare in future composizioni? ''Come accennato poco sopra ho ascoltato tonnellate di musica di qualità che, oltre ad abbracciare il folk americano tipico degli anni '70, spazia nel genere funky e jazz (Al Jarreau su tutti), Billy Joel con la sua scrittura inarrivabile, i Poco con le loro sonorità cupe e allo stesso tempo vitali, Joni Mitchell che mi ha stregato con melodie sorprendenti, ma Neil Young più di chiunque altro mi ha ipnotizzato con il suo stile unico ed inconfondibile, ad oggi ineguagliato''.

Il titolo del disco “Four corners” è il dichiarato intento di volere sempre e comunque confrontare il tuo pensiero, tenendo in considerazione anche quello degli altri componenti del progetto parallelo con i Goldiggers Band, che porti avanti dal 1979. Si deduce che non sia, poi, così difficile mettere d’accordo “quattro angoli” di pensiero ma, piuttosto, da questo interscambio, se ne può trarre tanto e prezioso arricchimento artistico? ''Nella realizzazione di "4 Corners" mi sono letteralmente pregiato di collaborazioni davvero di altissimo livello: Davide Pezzin, impareggiabile e raffinato arrangiatore con cui ho trovato un'immediata intesa e soprattutto condivisione entusiastica della mia musica, Davide Repele, un genio della chitarra elettrica, e Davide Danzi, un numero uno alla batteria per citare i principali attori, sono stati assolutamente "corresponsabili" nel confezionare un album potente, sorprendente e pieno di sfaccettature tutte da scoprire (anche nei testi). Insomma un lavoro di squadra di altissima qualità''.

Quali elementi ti piacerebbe uscissero evidenti del tuo modo di essere come persona e come artista? ''Devo dire il modo non banale di scrivere, da un lato, e l'anima che si evoca dalla vocalità dall'altro''.

Se la tua musica potesse portare cambiamenti su alcune problematiche generali, tu, che ti dichiari “un sognatore” (nell’eloquente:“I’m a dreamer”) a cosa daresti la priorità di scelta? Infine, ci puoi annunciare le prossime date live? ''Direi che in "Mother Nature" c'è la risposta. I temi dell'ecosistema in cui viviamo senza troppo rispetto, né per noi né per le future generazioni (in questo sposo il pensiero degli indiani d'America).In "In the pharm" c'è il parallelo tema dello schiacciamento che subiamo quotidianamente tra l'industria alimentare e quella farmaceutica, una illusione ottica spaventosa dentro la quale il genere umano si sta avvitando senza porsi troppe domande. Ma... essendo io un "sognatore", sposo il motto: "The best is yet to come", motto che potrebbe addirittura dare vita al mio prossimo progetto discografico...''. (Max Casali)