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20/12/2024
11/06/2024 ALÈM
''L'ironia è un’arma potentissima, non solo per sopravvivere agli urti ma per azionare dei ragionamenti...''
Si intitola “Sogni virtuali” questo primo disco di Alèm, al secolo Alessandro Minichino. Disco poliedrico, di tante facce diverse, dal rap al suono urban, dal pop ai colori “estivi”. C’è tanto dentro, come anche la voglia di usare la parola con un gusto spigoloso di critica e di denuncia verso le nuove abitudini. Un tema assai caro alle nuove penne italiane. E che interessante è l’intervista che segue? Segno di quanto mondo e consapevolezza c’è dietro le tante dimensioni stilistiche di questo primo disco di Alèm.
Ironia e denuncia. Serena resilienza o rabbiosa rivoluzione? O entrambe… cosa spinge questo esordio? ''Decisamente entrambe. L’ironia di sicuro è un’arma potentissima, non solo per sopravvivere agli urti, ma per azionare dei ragionamenti. Spero di riuscire a svegliare più coscienze possibile. Vorrei risvegliare le coscienze e condurre i miei ascoltatori, attraverso la mia musica, a prendere in mano le redini della propria vita. Le generazioni precedenti hanno ignorato i problemi, si sono arrese e non hanno avuto un pensiero critico per poter intervenire sulle disfunzioni della società. Tutti ci lamentiamo della politica che non ci rispecchia, ma in quanti votano? In quanti provano ad informarsi? Rivoluzionare la nostra attitudine alla vita e ai problemi sarebbe la più grande vittoria. Una spinta propositiva ma con la conoscenza di ciò che non funziona e delle relative ed eventuali soluzioni''.
“Chissenefrega” di nome e di fatto. Posso dirlo che c’entra davvero poco con tutto il resto? È fatto apposta immagino… ''In tutto l’album ciò che lega maggiormente i brani sono i contenuti e i testi, spesso provo a tradurre i problemi in musica molto orecchiabile. L’intenzione è quella di annientare e prendersi gioco di una realtà non felice che traspare dal testo fino a renderla cantabile. L’idea come in tutti i miei brani è quello di fornire diversi piani di lettura, sicuramente sembrerà distaccata da altre tracce presenti nel disco ma in realtà è la massima esposizione di ciò che citavo prima. Penso che se una canzone che recita parti come: “lungomare un gabbiano mangia vomito, dietro di me due barboni che si bucano… eppure è un giorno perfetto…” riesca a risultare un brano leggero, vuol dire aver fatto centro. In ''Chissenefrega'' la critica non è meramente politica e sociale ma è un tentativo di “rieducazione” al prestare attenzione alle parole, che sembra contino sempre meno all’orecchio di ascoltatori superficiali''.
La virtualità oggi? Un dovere di partecipazione o un obbligo di omologazione? ''Non vedo l’obbligo, se non creato da noi stessi. Siamo noi che decidiamo di piegarci alle regole dei trend, decidendo di omologarci non diversamente da quando decidiamo i vestiti da indossare per non sentirci fuori moda, uguale per la musica. La grande piaga del social è la medesima della nostra società, deride l’individuo e dona la ragione ai numeri e al profitto. Osservare la vita che gli altri ti vogliono far vedere non fa altro che alimentare un clima di sfida dal quale ci sentiremo sempre sconfitti. Non ho le giuste conoscenze per definire positiva o negativa quest’era virtuale, sicuramente il mio unico obiettivo è riuscire a riportare l’arte al centro dell’attenzione. Parliamo di mezzi tecnologici e come tali, siamo noi ad avere il dovere di veicolare i giusti messaggi riuscendo a servirci di loro. Non viceversa''.
Questo disco possiamo chiamarlo “politico”? ''Le mie canzoni sono lo specchio di ciò che ci circonda, la politica è una di queste. Ci tengo a sottolineare che non è musica schierata a una fazione o un partito, semplicemente è il mio punto di vista sul mondo. Nei dischi gli artisti difficilmente si espongono su argomenti politici, lo trovo assurdo, soprattutto in un genere di protesta come il rap. Il mio punto di vista è che l’arte in generale è tale solo se crea un ragionamento. Non riuscirei a fare un brano che parla del nulla''.
E da questo disco come ne esci? Consapevole, rabbioso, o sconfitto? ''Semplicemente non ne esco. È una delle tappe di questo viaggio, ma ho ancora molto da dire. È troppo presto per tirare le somme''.