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03/05/2024   DROPOUT
  ''Ho aperto lo scrigno dei ricordi e ho tirato fuori alcuni nodi rimasti nell’anima...''

Disponibile su tutte le piattaforme da venerdì 5 aprile 2024 il nuovo album del progetto Dropout dal titolo "Sulla fine delle cose". Un disco intimo, forse al principio straniante, da scoprire ascolto dopo ascolto: 10 pezzi apparentemente facili per tempi notoriamente difficili. Un profondo e denso percorso introspettivo sul tema della fine delle cose. Atmosfere cariche di nostalgia per quegli eventi lontani nel passato che hanno contribuito alla costruzione di sé. Eventi che si odiano per la loro brutalità ma contemporaneamente, con il passare del tempo, si cominciano ad amare, non senza malinconia (ma mai tristezza), perché facenti parte della propria formazione. Musica suonata, spesso improvvisata seguendo il flusso, senza l’egida del metronomo, a volte perfino senza percussioni, scarna fino all’osso, alternata a pezzi ricchi di strumenti, più disciplinati e complessi. Metriche tendenzialmente bisillabiche dunque ardue e sperimentali per un cantato in lingua italiana, bassi tellurici “808” presi in prestito dalla cultura Hip Hop, niente effetti speciali, nessuna rete di sicurezza tessuta con l’Autotune, melodie fondanti che come illusioni paiono echeggiare qualcosa dietro la curva dei ricordi ma che in realtà non assomigliano a niente di già sentito. Musica contemporanea che esplora puntando avanti senza voler per forza spezzare il dialogo con il passato. Parole cesellate e potenti, che si insinuano e che rimangono impresse.

Hai voglia di raccontarci un po’ chi sei? ''Dropout rappresenta un progetto artistico multimediale indipendente, attivo da diversi anni. Ho iniziato, come molti, con mezzi ridottissimi, poca conoscenza tecnica, ma molta dedizione e perseveranza. Dai 15 anni circa avevo timidamente intrapreso lo studio autodidatta della chitarra classica, senza particolari velleità e urgenza di creare qualcosa di mio. Ho sempre amato, parallelamente, anche la letteratura e la scrittura di poesie, quindi ad un certo punto è stato quasi inevitabile che, trovando sul tavolo alcuni miei versi scritti su un foglio volante, con la chitarra improvvisassi qualcosa su quel testo, dando vita così al primo germoglio del progetto Dropout, la mia prima canzone. Erano anni meno immediati per i giovani che approcciavano la musica. La tecnologia necessaria era costosa e non dava risultati così professionali, come oggi anche una semplice app di cellulare può fornire. Poi c’era una costante difficoltà di reperire informazioni tecniche dato che Internet e Youtube sarebbero nati un po’ più tardi. Insomma, per farla breve, non ho più smesso di studiare e ricercare, comporre e scrivere, mentre il tempo mi ha facilitato le cose dal punto di vista tecnico, ma reso davvero complicato tutto dal punto di vista economico. Ma questa cosa si fa soprattutto per esigenza personale, per passione, quindi la parte finanziaria la si sostiene con altre attività più immediatamente remunerative, possibilmente sempre in un ambito correlato alla musica. Nel tempo, proprio perché forse le relazioni umane erano più necessarie rispetto a oggi, ho fatto conoscenza con molti amici musicisti, in genere più esperti. Queste frequentazioni senz’altro mi hanno fatto crescere con radici fondate su insegnamenti ben solidi. Le prime esibizioni pubbliche e la prima consapevolezza di aver qualche materiale decente da far ascoltare sono arrivate piuttosto tardi, durante il periodo universitario. Nel 2004, a seguito della tesi di laurea in Progettazione Grafica all’ISIA di Urbino ho messo insieme la prima raccolta di pezzi in un CD, “Where is the sunshine”, pubblicato in 2000 copie… non poche per un esordiente. Più o meno nello stesso periodo ho tenuto il primo live per una sfilata di moda all’interno di un evento alla Fiera di Rimini. Da lì in poi, ho capito che avrei potuto fare qualcosa di più concreto. Così ho costantemente cercato di affinare il tiro, curando praticamente tutto nella filiera della creazione, imparando e perfezionando di volta in volta. Ad un certo punto, verso il 2007 sono stato anche contattato e messo sotto contratto con l’etichetta svizzera Minuta capitanata dal compianto direttore artistico Giò Cleis, un’esperienza davvero bellissima e irripetibile a livello umano e culturale. Poi gli spostamenti, in Italia e all’estero, fino ad arrivare a Londra e lavorare come grafico per aziende collegate al mondo della musica, come la sE Electronics, il distributore europeo Neve e Avid e, in seguito, Aston Microfoni. Un ottimo ambiente dal respiro globale nel quale pubblicare i propri progetti grafici sulle riviste più diffuse nel mondo e, soprattutto, conoscere di persona i più grandi ingegneri e artisti del “giro” internazionale. Da lì al fondare un proprio studio grafico specializzato con un socio (e in parallelo una piccola boutique di produzione di plugin pro-audio) il passo è stato in realtà breve. Ora sono di stanza a Osaka, in Giappone, e ho appena pubblicato il mio nuovo lavoro “Sulla fine delle cose”, che è stato registrato nel giugno 2022 e mixato/masterizzato nell’arco dello scorso anno''.

Come è nata l’ispirazione per il tuo album “Sulla fine delle cose”? ''Vivendo, come detto, all’estero e muovendomi principalmente tra Italia, UK e Giappone, sono stato piuttosto felice che le limitazioni degli spostamenti dovuti alla passata pandemia siano a un certo punto terminate. Gli ultimi anni sono stati infatti un po’ più complicati del previsto per quanto riguardava gli spostamenti. A punto che alla fine del 2022 mi sentivo (come molti, molti altri immagino) davvero compresso e ho avuto di conseguenza l’estrema urgenza di mettere in musica alcune sensazioni che provavo. Di qui le composizioni per il nuovo disco. Ho semplicemente aperto lo scrigno dei miei ricordi e ne ho tirato fuori alcuni nodi rimasti nell’anima. Storie personali, autobiografiche e non, che trattavano però temi abbastanza universali. Quindi dopo la titubanza iniziale, su consiglio di alcuni fidati amici, ho deciso di rendere pubblico l’intero lavoro. Con queste premesse è facile intuire perché l’album abbia quest’atmosfera intimistica che si dipana da ambientazioni scure e malinconiche fino ad aprirsi sul finale verso composizioni più ariose e un po’ più ottimistiche. Il tutto registrato di getto, in modo tale da far trasparire molto della mia persona, quasi un Dropout senza filtri. Non senza un po’ di imbarazzo, a tratti. Se si ha quindi la pazienza e la concentrazione per immedesimarsi nelle canzoni, sono convinto che il mio lavoro possa trasmettere molto all’ascoltatore, e per molto tempo''.

Che cosa ascolti quando non sei impegnato nella creazione di nuovi pezzi? ''Sono un appassionato compositore ma ancor di più un avido ascoltatore. Ho infatti sempre con me un apparecchio per l’ascolto critico, che a suo tempo è stato un rumorosissimo walkman a cassetta, poi un lettore CD, a seguire un lettore MP3 e attualmente è un lettore difgitale portatile allo stato dell’arte. Ritengo che “possedere” la musica, raccoglierla, ascoltarla, selezionarla e ordinarla in una memoria non volatile, sia ancora oggi molto importante. Lo spettro della cosiddetta “musica liquida” aleggia ultimamente sui nostri auricolari. La “comodità” di avere tutto a portata di click è una minaccia, a mio avviso, con delle potenzialità davvero devastanti per quanto riguarda l’affezione alla musica oggi. Detto questo, io ascolto un po’ di tutto, ma le mie passioni rimangono la quasi totalità della musica creata tra la metà anni ’60 e metà’70, un periodo d’oro, a mio parere: il miglior equilibrio tra qualità delle composizioni e delle registrazioni, unito al miglior compromesso tra libertà artistica dell’autore e pionierismo imprenditoriale delle etichette. Poi ovviamente adoro alcune correnti degli anni ’80, come per esempio l’elettronica del periodo analogico e la musica Goth (da noi detta Dark), oltre alla Thrash e Grunge, il Punk Rock, la IDM fine ’90 inizio 2000, l’Hip Hop di qualità, ecc. Ascolto anche Jazz (sempre dai ’60 in poi) e la Classica, ecco, forse non tanto il Country (si sa che in Europa non ci appassiona più di tanto) e la musica popolare tradizionale, che trovo troppo ripetitiva all’ascolto come lo intendo io, parimenti alla musica Dance. Sarebbe piuttosto lungo stilare un elenco anche accennato. Mi limito a dichiarare, allora, che oltre la cima della piramide della rilevanza, più in alto di tutto, per me c’è un solo gruppo: i Pink Floyd. Ogni volta che li ascolto scopro qualcosa di nuovo che prima non avevo notato. Durante la creazione di questo disco ho ascoltato ''Imagine'' di John Lennon e molta musica folk, e probabilmente ascoltandolo lo si evince''.

Che cosa possiamo aspettarci dal futuro di Dropout? ''Per come la concepisco io, ho forse un modo di pensare la musica meno contemporaneo, ovvero preferisco lavorare su dischi concettuali, su pezzi strettamente coesi tra loro. Il che non va proprio a braccetto con i dettami dell’algoritmo di oggi, che pretende un nuovo singolo/prodotto ogni 1-2 mesi. Soprattutto perché dando molto di me nelle composizioni, dopo essermi “spremuto” ho bisogno di un po’ di tempo fisiologico per resettarmi e ricominciare con una nuova ispirazione, un nuovo ambito da esplorare. Per questo, al momento, sto solamente giocando con degli strumenti ma senza ancora concretizzare. D’altronde la famosa pausa di 2-3 anni tra un disco e l’altro, che si era venuta, in media, a stabilizzare nel mondo della musica, non era mica un intervallo di tempo casuale. È questo più o meno il minimo tempo necessario infatti per far fermentare qualcosa di nuovo in sé che non sia la mera ripetizione di quanto già fatto e già detto. Quindi, in risposta alla domanda, adesso come adesso non saprei dire cosa succederà, ma sto esplorando alcune strade per me nuove''.