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19/03/2024   ENRICO LOMBARDI
  ''L’occhio del cantautore-osservatore si sofferma su ciò che per lui ha importanza, e lo mette in risalto...''

Ciao Enrico. Prima di cominciare, ci parli brevemente della tua storia in musica? ''Ho cominciato a suonare la chitarra a 14 anni, per i successivi 6-7 da autodidatta ho suonato in gruppi con amici, prima con le cover e poi quasi subito con brani inediti in italiano. Ho studiato jazz, blues e all’università mi sono appassionato ai cantautori italiani che cercavano di esplorare sonorità e arrangiamenti rock: Dalla, Battisti, Graziani. Nel mentre una laurea in comunicazione, un master in marketing e quasi dieci anni di lavoro in agenzie di pubblicità, per poi scoprirmi imprenditore con un progetto musicale specializzato in feste private. Lavoro che, contrariamente a quello che pensavano i miei genitori, mi ha dato la stabilità economica per sposarmi e contrarre un mutuo per comprare con mia moglie Marta, ma anche e soprattutto investire nella produzione delle mie canzoni. Il primo singolo pubblicato ufficialmente è “Marilyn” del 2019, poi sono seguiti altri fino al disco che invece racchiude dieci nuove canzoni''.

In dicembre, è uscito il nuovo album “Niente paura, il fuoco”, nel quale si avverte una bella virata verso stilismi diversi dal passato. Cosa ti ha spinto in tal direzione? ''Sì, i primi singoli (penso a “Marylin”, “Persi nel tempo”, “Marta meraviglia”) sono brani di un periodo in cui esploravo sonorità folk acustiche tipiche di cantautori americani: penso a Ben Harper, Dylan Le Blanc, Piers Faccini, Ryley Walker. Negli anni passati avevo suonato soprattutto rock, per questo avevo la nuova voglia di intimità, di acustico. Ecco perché i primi singoli sono in questo stile. Poi in me è tornato impetuoso il desiderio di suoni elettrici, poderosi, rock. “Niente paura, il fuoco” nasce da questo bisogno sonoro, ma credo che in più abbia, in alcune sue canzoni, momenti sonori con dinamiche morbide e intime che provengono dal primo periodo dei miei singoli sopra citati''.

I tuoi brani sono più autobiografici o racconti anche di esperienze generali? ''Tutte le mie canzoni di questo disco sono autobiografiche: nascono dal mio sentire e da mie esperienze personali. In generale credo tutte le canzoni esistenti siano autobiografiche, nel senso che l’occhio del cantautore-osservatore si sofferma su ciò che per lui ha importanza, e lo mette in risalto, e poi lo racconta. Diciamo che le canzoni di questo mio album, il primo vero album dopo una serie di singoli slegati l’uno dall’altro, sono esplicitamente autobiografiche e legate l’una all’altra''.

Se dovessi definire la tua musica, come la descriveresti e con quali risvolti reconditi? ''Mi piacerebbe definirla come musica rock d’autore, inteso come cantautorato che sviluppa le proprie trame con suoni elettrici. Come esempi italiani penso a “Spirito” dei Litfiba, a “Catartica” dei Marlene Kuntz, e poi a Carmen Consoli, Max Gazzé e altri autori. Rock d’autore, questo è ciò che ad oggi credo mi identifichi meglio, l’esplorazione di una narrativa con suoni elettrici. Chissà però se lo sarà anche domani. Nei prossimi anni voglio esplorare l’elettronica, provando a rimanere coerente con il mio stile''.

Definisci il tuo album non proprio un concept ma quasi. Ecco, se dovessi citare un minimo comune denominatore ai brani, cosa indicheresti: ricerca interiore? La confusione combattiva per appianare cadute e rinascite, o cosa? ''Esattamente Max. Il ritornello della canzone “Domus”, da cui poi estrapolo il titolo dell’album, recita: “Niente paura, il fuoco è semplice istinto a respirare... L’unica chiave che apre tutte le stanze è la sincerità, la mia sincerità”. Quest’album nasce e si sviluppa intorno alla mia ricerca di identità sonora, e più nel profondo umana. Non è stata una cosa voluta dall’inizio, come un concept album, bensì una cosa che si è manifestata o meglio rivelata alla fine, quando è stato possibile una visione generale dall’alto di tutte le canzoni. Sono contento che il concetto ti arrivi chiaro all’ascolto, non è così scontato''.

Quali elementi ti piacerebbero uscissero evidenti del tuo modo di essere persona ed artista? ''Il disco ruota tutto sul concetto di sincerità e autenticità, non tanto dal punto di vista musicale, quanto umano. Nei miei testi c’è la ricerca della propria consapevolezza, di ciò che si è, di non aver paura di manifestare la propria identità, la propria voce. Credo sia un disco cantautoriale camuffato da un vestito rock, e che i concetti di sincerità e ricerca di una propria consapevolezza siano i pilastri narrativi sopra cui ho costruito ogni canzone''.

“Niente paura, il fuoco” ha avuto una lunga gestazione durata oltre un lustro. Cosa è successo dal 2018 ad oggi per arrivare all’uscita del disco? Quali difficoltà hai incontrato, oltre al maledetto biennio pandemico? ''Quasi cinque anni. Nel mezzo anche tanti provini buttati: insieme con il produttore del disco Stefano Campetta abbiamo lavorato sulla identificazione di un carattere per il disco: ogni canzone doveva suonarci alle orecchie come coordinata, collegata da caratteri comuni. In più alcune canzoni sono arrivate all’ultimo, e aggiungi anche che io sono un perfezionista ossessivo e che sono pigro a chiudere i testi. E ancora, la vita quotidiana fatta di lavoro: invidio tantissimo chi può dedicarsi per almeno quattro mesi solo al disco, senza fare altro. Un lungo viaggio, ma ne valsa la pena e i sacrifici''.

Hai già delle date da annunciarci per promozionare il disco? Se sì, cosa diresti per stimolare interesse per venirti a vedere? ''Dopo alcune date live in duo e full band sto riorganizzando ora il calendario, a breve sui miei social dovrei comunicare nuovi appuntamenti. Da bravo indipendente faccio tutto da solo e diventa difficile gestire ogni cosa, specie quando nel mezzo c’è la vita: in questi due mesi sono stato vicino a mia madre che non è stata bene ma con tenacia ora si è ripresa. Quindi io per un po’ sono diventato irraggiungibile persino per i miei programmi e propositi. Ricordo con grande entusiasmo l’apertura a Fabrizio Cammarata avvenuta a fine febbraio al Nassau di Bologna, o il live in full band a gennaio allo Scumm di Pescara: spero di rivivere prossimamente serate così''. (Max Casali)