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09/05/2023   GIULIO SPAGNOLO
  ''L'unica soluzione ad un eccessivo progresso è solo il regresso...''

Si intitola “Beato chi” il primo disco del giovane cantautore leccese Giulio Spagnolo, disco di allegorie piratesche e di altri tempi ma anche disco di ricerca, di coraggio, di personalità futuristica. La fede, l’io immerso dentro una società egoica di maschere ed effimera estetica. Il suono urbano, metropolitano che spesso lascia il posto a shuffle popolari davvero fascinosi. Il tutto ben riassunto dentro il video della title track che troviamo in rete.

Primo disco di Giulio Spagnolo: esordire oggi che cosa significa? ''L’esordio l’ho sempre immaginato come una mela acerba, giustamente ancora attaccata all’albero e difficile da assaporare. Noi emergenti siamo in un certo senso costretti a passare da alcune fasi per poter portare qualche lavoro a casa, e cosa si fa alle prime armi? Si cerca intanto di studiare musica, fare qualche brano, magari con qualche amico musicista con il quale litigherai, magari passando dai primi studi di registrazione trovandoti di fronte a tecnici incompetenti, magari incontrerai solo chi cercherà di fregarti tempo e denaro, magari che t’invidia solo perché stai provando a realizzare un sogno, magari devi solo capire che i tuoi brani non rendono o non piacciono. Ad oggi esordire per me resta ancora come quella mela acerba e solo il tempo dimostra i cambiamenti, perché solo con esso maturiamo''.

In un mondo digitale, per te, il disco ha ancora una dimensione fisica importante? E sociale? Politica? ''Restando contro corrente direi di sì, un disco per me non smetterà mai di evadere dalla sua forma, potrei tornare indietro riassaporando il piacere del fruscio della puntina di un vinile ma ad ogni modo resto del parere che un disco digitale non riuscirà mai a raggiungere la qualità di un disco vero riprodotto in impianto. Dal punto di vista sociale credo che sia molto indicato perché sostanzialmente questo lavoro propone la ricerca personale alla scoperta di valori che ormai stanno scomparendo dalla genetica umana. Mentre dal punto di vista politico diciamo che ho avuto modo di restare ancora molto cauto, anzi mi sento di dire che la vera protesta politica è in arrivo con i nuovi lavori in uscita quest’anno''.

Il tuo disco unisce tutte queste dimensioni… rende pop e gustoso anche il pensiero più velenoso. Alla fine? Chi vince? La maschera o la rivoluzione? ''Ad oggi la rivoluzione è solo un concetto quasi utopico,mentre la maschera invece prende il posto della “soluzione comoda” che evita appunto illusoriamente le crisi d’identità, facciamo un esempio? Mentre in Italia, i cittadini vengono continuamente ingannati da politici e riforme che nessuno espone, guerre che nessuno vuole, in Francia metà della popolazione si trova ancora in strada a protestare per lo spostamento dell’età pensionistica, per il caro vita e per lo squallore che ha raggiunto la sanità pubblica, e noi? Siamo troppo impegnati a fare l’aperitivo? Alla fine a vincere è sempre una maschera, il gioco inizia con un po' di minestrone giornalistico che riuscirà a confondere a puntino la popolazione''.

E la tua personale soluzione all’appiattimento generale? ''Lo spegnimento generazionale è stato generato dagli strumenti di distrazione di massa come ad esempio i social, sembrerà impossibile ma l’unica soluzione ad un eccessivo progresso è solo il regresso, questo concetto lo cantava anche Celentano nel brano “Il Mutuo” del disco “Facciamo finta che sia vero”. Serve fermare questa crescita frenetica del progresso mondiale, un progresso che ormai punta addirittura a sostituire lo stesso uomo che lo ha creato''.

E questo rimando iconografico a cose antiche? E parlo anche della tua copertina o delle foto promozionali… ''Anche la scelta della copertina e dei vari colori hanno il loro perché…. La mia idea è sempre stata quella di contestualizzare lo stereotipo del cantautore, e diciamo che quella di rinchiuderlo nei colori da taverna o tra i cori di una ciurma è stata un’idea molto diretta e chiara fin da subito. Un altro motivo del contesto antico è proprio quello di dare un significato naturale al mio percorso artistico, il passato indica la partenza e quindi dovremmo vedere lo schiarire di questi colori con i nuovi lavori, raggiungendo sempre di più i nostri tempi. Ci tengo tanto a ringraziarvi per l’apprezzamento che ho letto nello scorrimento delle domande e ne approfitto per ringraziarvi anche per l’opportunità, un abbraccio''.