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11/04/2023   MEGARIDE
  ''Bisogna accettare il proprio passato e i propri limiti per poter costruire qualcosa...''

Certamente i toni sono quelli del rock distorto, dello stoner, dei droni appena sollevati a corredo sempre di una forma che al pop deve molto, nonostante gli arredi. Sono i campani Megaride, che esordiscono con un lavoro che troviamo anche dentro una bella release in vinile dal titolo emblematico: “Mo’”. Come recita la didascalia della press-kit: “Viv’ ‘stu mumento”. Una lunga tracklist di inediti che in qualche misura restano ben ancorati dentro i cliché di un suono che ha segnato epoche e mode… Il futuro? Beh, su quello c’è da ragionarci… e sicuramente, in questo disco, non ne sentiamo la mancanza.

Un suono scuro che però cerca la “salvezza”. Socialmente utile ma non per denunciare quanto invece per risorgere… cosa ne pensate? ''Che questa sarebbe una sinossi perfetta da stampare dietro al disco. Scherzi a parte, è proprio ciò che volevamo comunicare con questo lavoro: bisogna accettare il proprio passato e i propri limiti per poter costruire qualcosa''.

Bellissima copertina che nell’edizione in vinile si apprezzerà molto di più. Come la leggiamo in riferimento al disco? ''Come un tributo alla musica che ci ha cresciuti e alla nostra terra. Volevamo omaggiare entrambe con qualcosa di bello e secondo noi ci siamo riusciti, siamo molto soddisfatti del risultato''.

Bella anche la scelta del napoletano: che radici ha? Ve lo chiedo perché di primo acchito non mi pare che lo stoner e i suoi derivati siano propriamente campani come estrazione… ''Infatti non lo sono affatto, la scelta va letta come un esperimento di coniugazione di due culture molto lontane fra loro ma che hanno rappresentato dei punti fermi nella nostra vita musicale e non''.

Torniamo a parlare di aspetti sociali che penso siano il fulcro dell’opera: cosa spinge oggi la vostra musica? Quale tipo di bisogno o di responsabilità? ''Quello che spinge ogni artista: il bisogno viscerale di esternare e condividere il fervore emozionale che ci sconquassa nell’intimo cercando di ricavarne qualcosa di bello in cui si possa riconoscere chi ci sceglie di ascoltarci''.

E poi il qui ed ora come concetto di vita. Insomma tutti raccolti post-pandemia? ''Diciamo di sì, la pandemia ci ha dato un grande calcio in questa direzione, costringendoci a ritrovarci isolati nei nostri piccoli mondi ha fatto sì che potessimo apprezzare il fatto di essere ancora qui, ancora capaci di emozionarci e poter vivere questo viaggio che chiamiamo vita, senza preoccuparci troppo del futuro e senza lasciarci imprigionare dal passato: siamo qui adesso, in questo MO(‘)mento e nient’altro deve importare''. (Intervista di Paolo Tocco)