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22/03/2023   AIRPORTMAN
  ''I dischi sono tutte fotografie degli anni che abbiamo vissuto...''

Sono ancora vive a distanza di oltre cinquant’anni dalla loro entrata in scena ai margini dei vari filoni musicali (principalmente jazz e progressive rock) quelle variegate forme espressive controcorrente rispetto alla colonna portante dell’appeal commerciale dedite all’esplorazione di sentieri compositivi inediti, talvolta provocatori, che allora venivano fatte rientrare in quella macrocategoria definita “sperimentazione” o “avanguardia”? E se sì, quali spazi e difficoltà incontrano attualmente gli artisti per muoversi in questi impervi terreni?

Alla prima domanda, che giriamo anche ai nostri cybernauti, tenendo presente la realtà italiana fra cui la band che ci apprestiamo ad approfondire attraverso il suo portavoce Giovanni Risso, i molti validi artisti che orbitano in questa galassia e la qualità mediamente elevata delle loro proposte artistiche, risponderei decisamente in modo affermativo. Il secondo interrogativo rimanda invece (anche) a chi permette e facilita la loro produzione come le etichette indipendenti, ed anche da questo punto di vista l’Italia rappresenta un esempio virtuoso a partire da quella riguardante la stessa band di cui parliamo e su cui siamo più volte pronunciati, la Lizard Records, ma (e per fortuna aggiungo) si contano diverse altre accomunate da un lodevole mix di passione e competenza che operano lontano dagli assordanti e quanto mai effimeri frastuoni di una produzione musicale massificata che ci invade con dischi basati sul principio dell’obsolescenza programmata (riprendo Latouche) e con personaggi costruiti ad arte dalla qualità artistica spesso quanto meno discutibile (“… l’impero della musica, è giunto fino a noi, carico di menzogne… mandiamoli in pensione in direttori artistici, gli addetti alla cultura…”, cantava il geniale Franco Battiato già nel lontano 1980 (''Up Patriots to arms'', Emi Italiana). Ma entriamo in medias res rivolgendo lo sguardo al progetto musicale Airportman (Giovanni Risso, Marco Lamberti).

Ciao Giovanni, benvenuto su Music Map. Anzitutto, ti inviterei a presentarci la band (attualmente un duo) e darci delle coordinate per la sua fruizione di cui colpisce (anche) la vasta produzione discografica (riportata sotto). ''Gli Airportman nascono più o meno nel 2002 con la formazione duo attuale, sempre io e Marco Lamberti, e nascono sulle ceneri di una band precedente, ci chiamavamo RATARE’. Oltre a me e Marco c’era la voce di Teresa Allegretti, con i Ratarè abbiamo pubblicato 4 dischi oltre qualche EP, tutto in autoproduzione. Ad un certo punto, dopo l’uscita dell’ultimo lavoro dei Ratarè “Isole”, ho avuto l’esigenza di creare un mondo sonoro che non contenesse la voce; io Marco scrivemmo “2.45 a.m.” a firma Airportman in un fine settimana, buttandoci dentro tutta quelle visioni che la canzone “cantata” non riusciva più a darci. Abbiamo continuato a scrivere i testi, testi di canzoni non cantate, poesie, racconti, tutto a corredo della musica che ha iniziato ad uscire costante, come un flusso a raccontare la nostra vita. I dischi sono tutte fotografie degli anni che abbiamo vissuto''.

Nel complesso la vostra proposta musicale presenta numerose influenze provenienti dai più vari generi e mi pare possa collocarsi nei numerosi punti di intersezione fra musica, poesia (magia della parola!), cinema (colonne sonore), con possibili (auspicabili?) rappresentazioni teatrali. Sono sulla strada giusta? ''Sei sì sulla strada giusta! La nostra musica è esattamente questo, una colonna sonora ad un racconto o semplicemente ad una poesia, o anche solo ad un pensiero, ad un istante… e quel loop musicale ci si appiccica addosso e si fonde con quelle parole anche senza che le stesse siano cantate. Succede molte volte in concerto che le parole facciano capolino, in una sorta di reading: non sempre, ma quando accade è perché davanti abbiamo persone che vogliono capire qualcosa di più dei nostri racconti. Come è successo in “Nino e l’inferno”, ma te lo racconto dopo!''.

Poiché, come accennavamo, nell’arte non può darsi una originalità assoluta (in senso letterale del termine dal latino “absolutum”, incondizionato, sciolto da ogni legame), la ricerca di questa sorta di “pietra filosofale” ambita dall’artista consiste nella capacità di elaborazione personale, più meno consapevole, di una serie di influssi e di esperienze. Sulla scia della mia precedente osservazione-domanda, quali principali riferimenti musicali e culturali potresti annoverare? ''Musicalmente sono un ascoltatore seriale e bulimico di ogni cosa che mi susciti interesse. Ho assolutamente delle “pietre filosofali” che mi fanno da guida, che ad ogni ascolto mi danno nuove energie, nuove prospettive e che ogni volta scopro nuove visioni… sono dischi magnifici e irraggiungibili … sicuramente se devo indicartene uno scelgo senza dubbio l’unico disco solista di Mark Hollis (Talk Talk), ma anche tutta la scena David Grubbs (Gastr del Sol), Slint ed in generale il post-rock nato successivamente!''.

Premesso che ogni disco ha una sua peculiarità legata ad un complesso di fattori, ne individui uno (o più) particolarmente significativo, relativo o meno ad un episodio o a una fase particolare del vostro nel vostro percorso artistico? ''Un disco che mi è rimasto particolarmente nel cuore è “Nino e l’inferno”: ecco, questo disco rappresenta esattamente quello che, per me, deve fare la musica. “Nino e l’inferno” racconta la storia di Nino, un conoscente, neanche un amico, una persona che quando lo incontravo mi lasciava sempre un po’ senza fiato. Un pomeriggio mi dice che deve affrontare una difficile situazione personale, che ha ispirato il disco. Lo saluto, quella notte scendo e scrivo di getto il racconto di “Nino e l’inferno” (riportato all’interno del CD, a cui rimando citando sotto un estratto), per lo più immaginando Nino e la sua vita, senza in realtà conoscerla. Lo faccio leggere a Marco (“Tibu” Lamberti), ci scriviamo le musiche, lo pubblichiamo a novembre e porto una copia a Nino, che legge il testo… Solo pochi minuti e mi dice che quel disco lo dobbiamo suonare, da lui, a casa sua, per lui e per i suoi amici. Detto fatto, la settimana dopo facciamo per interno “Nino e l’inferno” in una locanda vicino a casa sua, invitammo Stefano Giaccone a leggere il testo (tra l’altro l’intero concerto si trova su Youtube), Nino ascolta orgoglioso, magrissimo… (“assomigliava ad un profugo di guerra, uno di quelli con la morte in faccia, gli occhi cerchiati da quella pelle aderente al cranio, rinsecchita, lo sguardo, quello di sempre, quello incazzato…”). Mai risuonato quel disco. Ecco, questo è il senso che voglio dare alla nostra musica!''.

“…Calzoncini corti, braccia magrissime, la corteccia e la sua ombra paterna…”: inizia così il narrato del vostro ultimo lavoro ''Il raccolto'' (crediti: Dioniso Capuano, copertina; Francesco Alloa, batteria; Carlo Barbagallo, basso; Paride Lanciani, master, Stefano Giaccone, voce, sax, chitarra punk), che si presenta in un elegante e sobrio formato grigio pastello. Puoi riassumerci le tematiche che lo caratterizzano maggiormente? ''“Il raccolto” è una fotografia della nostra vita, dettagli visti nel passato, nel presente e nel futuro. E’ anche una riflessione sulla vita e sull’importanza di alcuni incontri, nello specifico è anche una riflessione sull’incontro con Stefano Giaccone, sull’importanza di quell’incontro, sulla ricchezza di quell’incontro!''.

Dopo questa rapida scorsa al passato e al presente, diamo uno sguardo alle prossime tappe previste da Airportman… ''Gli Airportman continueranno a scrivere musica perché quella musica è quello che ci rappresenta ed è l’unico modo per ricordarci di questo viaggio. Io e Marco ci conosciamo da quando avevamo 17 anni, oggi ne abbiamo 55, famiglie, lavoro, figli... ma la nostra cantina continua a rimanere un appuntamento costante, ogni martedì sera, da sempre... non ricordo martedì saltati... sì, forse qualcuno, ma ogni martedì scendiamo nella stessa cantina, accendiamo gli ampli, ci guardiamo, non abbiamo bisogno di parole… si suona… tantissima roba rimane lì… in quel computer, altra prende vita e ne facciamo un disco, per noi soprattutto, per tutti gli altri anche… ma non è importante che faccia tutto 'sto giro… Ci basta che riscaldi il nostro cuore, e che sia esattamente quello che siamo... senza filtri, senza i compromessi della vita!''.

Bene Giovanni. Come mia prassi, hai carta bianca per rivolgerti direttamente ai nostri cybernauti… ''Ringrazio davvero te per questa intervista e spero di essere stato per lo meno comprensibile in queste risposte. La nostra musica fa parte di noi, la nostra musica “è” noi, è come guardarti allo specchio ed ogni volta riconoscerti, ecco, secondo me è l’unico senso vero del fare musica, in realtà quell’altro mondo che ruota attorno alla musica è altra roba... come dice mio fratello Stefano sono campionati diversi, forse addirittura sport diversi. A noi va bene così!''. (Intervista di MauroProg)

Discografia
2.45 A.M, 2002, Autoproduzione
Di terra e d’ombra, 2003, Autoproduzione
Inverno in divenire, 2004, Autoproduzione
Son(g), 2005, Autoproduzione
Off ‎(CD, Album), 2007, Lizard Records
Rainy Days, 2007, Lizard Records
Letters, 2008, Lizard Records
Airportman & Tommaso Cerasuolo, Weeds, 2009, Lizard Records
The Road, 2009, Lizard Records
Nino e L'Inferno, 2011, Lizard Records
Modern ‎(CD, Album + DVD-V, Single), 2012, Lizard Records
David, 2014, Lizard Records
Airportman, Stefano Giaccone, Lalli, Anna e Sam , 2016, Lizard Records
Dust & Storm, 2017, Lizard Records-Moving Records
Airportman, Stefano Giaccone, Ca.pez.zà.gna - La voce indigena di Lalli e Violetta Parra, 2019, Lizard Records
Airportman, Fabio Angeli, Il Paese Non Dorme Mai, 2019, Lizard Records
Il Raccolto, 2023, Lizard Records