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30/11/2022   MARCO BONVICINI
  ''I generi musicali esprimono i sentimenti e le sensazioni giuste per vivere un momento...''

Benvenuto Marco. Il tuo fitto background annovera militanze in varie band. Ci racconti com’è stata la tua esperienza con loro e se, parallelamente al tuo percorso solista, sei ancora in forza con qualcuna? ''Sono dell’idea che ogni esperienza sia utile nella propria formazione, sia musicale che umana, soprattutto quando devi condividere un progetto artistico con altre persone. Ti dà modo, comunque, di scoprire i propri limiti, di migliorare e di imparare sempre qualcosa. Le esperienze finora fatte mi hanno anche dato modo di apprezzare altri aspetti e generi musicali e capire cosa meglio era per me. Ancora oggi collaboro con altri musicisti in progetti più o meno grandi, dal tributo ai Queen in cui canto, ad un nuovo progetto inedito di alternative rock''.

Non ti precludi alcun stile, passando dal progressive, alla new-age, trip hop,rock, folk. E’ la voglia di esplorare sempre nuovi confini e/o l’esigenza di evolverti? Ce n’è uno che, in qualche modo, senti che ti nasce più naturale? ''Un po entrambe le cose, evolvermi ed esplorare. La musica è arte affascinante, e la maniera migliore con cui comunicare, per me… i generi musicali catturano ed esprimono allo stesso modo i sentimenti e le sensazioni giuste per vivere un momento. Non mi sono mai precluso la possibilità di suonare o comporre qualcosa di definito. A volte è stato anche un limite, far troppe cose, ma questo dà spazio al proprio esprimersi sinceramente. La mia matrice musicale in cui mi trovo a mio agio è il rock, in cui riesco ad esprimermi meglio anche come cantante: miscelato con il fascino che il folk d’oltremanica ha sempre avuto su di me, mi ha dato modo di trovare il mio attuale modo di comporre''.

Parliamo del nuovo disco “Wild Silence”, un concentrato di emozioni che ti ha frullato nel periodo del lockdown. Quindi, l’hai vissuto con positività e creatività, apprezzandone il relativo ed interminabile “Silenzio selvaggio”? ''Creatività sicuramente, positività non sempre… sono una persona di natura ottimista, ma non posso nascondere che anche in ''Wild Silence'' ci sono matrici leggermente cupe, anche se ho sempre voluto tendere tutto verso la luce. Il “Silenzio Selvaggio” in questo caso mi ha dato molto da pensare, riflettere e…c omporre''.

Il singolo estratto “My Skin” è un atto coraggioso di esporre una vicenda personale che hai vissuto: ti va di parlarcene? L’hai scritta di getto? ''Esattamente, l’ho scritta di getto. Ho avuto una sgradevole esperienza personale di salute ma, fortunatamente, posso essere qui a parlarne…. Tornato a casa dopo 5 giorni di ospedale, la prima cosa che avevo voglia di fare era suonare. In realtà i primi giorni non ero proprio in forze ma sono riuscito comunque a tirar fuori ciò che volevo dire al mondo. Ancora oggi, quando la suono, provo le stesse emozioni di quando l’ho composta''.

E’ notoria la tua ecletticità nel panorama bolognese, e sei apprezzato compositore per la compagnia Panta Rei, inoltre per quattro anni hai fatto parte della delegazione di insegnanti del dipartimento di canto della Music Academy 2000. Quali sono i rilievi interessanti che ti danno e ti han dato queste esperienze? ''Beh, in primis c’è l’aspetto sociale ed il confronto tecnico ed umano con le persone che incontri nei vari percorsi. Nel primo caso ho avuto la possibilità di sperimentare e mettere a servizio il mio stile compositivo nel tradurre in musica le varie vicende teatrali che venivano inscenate. Nel secondo caso ho avuto il piacere anche di poter trasmettere il mio sapere e la mia esperienza alle persone a cui dovevo insegnare. Questo aspetto mi affascina molto perché, essendo le persone tutte diverse tra di loro, è insito, nell’insegnamento del canto, anche una piccola sfida nel “cucire” addosso ad ogni allievo l’abito istruttivo che meglio si addice''.

Tornando a “Wild Silence”, i restanti 11 brani che tematiche trattano e quali sono i concetti che, sostanzialmente, ti piacerebbero che fossero recepiti dal pubblico? ''Il concetto centrale di ''Wild Silence'' è quasi sempre il vissuto attraverso l’esperienza lockdown. Ci sono musiche strumentali (''Standing by the river'', ''Close to me'', ''Portraits'', ''Owls'') che vogliono racchiudere ricordi ed immagini come se fossero cartoline, altri brani che descrivono i momenti vissuti in libertà, quando in estate abbiamo avuto la possibilità di viaggiare, e che hanno dato modo di riscoprire quanto fosse prezioso essere a contatto con la natura in maniera non condizionata (''Ballad Of The Sea'', ''Roses & Wine'', ''My Angel''), più altre canzoni che parlano proprio della mia visione interna ed esterna di ciò che mi capitava attorno (''We’ll Be Fine'', ''Wild Silence'', ''Someone Out There'')''.

Ci è piaciuta molto l’idea di alternare pezzi cantati ad altri strumentali: forse, perché talvolta è giusto lasciare spazio alle divagazioni fantasiose di chi ascolta oppure perché, emozioni troppo forti non sono facilmente descrivibili? ''Guarda, hai quasi centrato il punto. Esattamente la scelta di inserire brani strumentali è figlia di due fattori: per prima cosa ho voluto inserire nel disco ogni composizione nata da ogni emozione o esperienza rilevante avuta nel periodo, indipendentemente se fosse cantata o meno, e, in secondo luogo, mi piaceva l’idea di dare spazio a momenti di riflessioni musicali che dessero respiro tra i brani cantati, quasi fossero dei caroselli di intervallo all’interno dell’ascolto totale del disco''. (Max Casali)