ALESSIO TRAPELLA "La ricerca dell'imperfezione"
(2023 )
Avete presente il progressive rock targato Le Orme? Ecco, Alessio Trapella ci riporta felicemente a quel sapore inconfondibile. Non per niente ha suonato col leggendario gruppo di Marghera, in qualità di bassista e cantante, e collaborato anche con Aldo Tagliapietra nel suo progetto personale. Aggiungiamo che ha fatto parte anche degli UT New Trolls... Insomma, il prog italiano è casa sua. E allora, non c'è da stupirsi di ciò che stupisce, perché è proprio quel che ci aspettiamo, da chi si cimenta in questo filone della musica d'arte. I più navigati non si faranno spaventare dai continui cambi di tempo delle canzoni del disco “La ricerca dell'imperfezione”, ma a parte qualche suono di inevitabile richiamo ormesco, come quel piano elettrico secco ed effettato a metà del primo brano “Sonata 461”, Trapella canta e scrive a modo suo.
“Freeda”, assieme alla prima canzone, racconta che l'ispirazione di Alessio arriva da una musa: “Mi son rimesso a scrivere canzoni, proprio grazie a te, stella cometa”. Le riflessioni sono schiette, profonde ma scritte in maniera diretta: “Sono convinto il mito sia all'origine del tutto, dentro noi”. Ed ecco l'assolo di chitarra, che deflagra sopra una sequenza di accordi che per un attimo ricorda Alan Parson nel suo Project. Anche se queste canzoni durano circa 5 minuti a testa, ci vorrebbe un articolo a parte per ogni pezzo, per descriverle nella loro complessa bellezza.
“Al fratello mai nato” affronta il tema delicato di un bimbo nato morto, che era il possibile fratello maggiore del protagonista (“Prima di me eri in lista, per entrare in questo mondo”). Pur non avendolo conosciuto, gli manca, e canta come monito a chi un fratello ce l'ha: “Dico a quelli che l'hanno, amatelo più, non fatelo andar via, è parte dell'anima tua”. Questa parte è cantata a canone, la voce si sdoppia e si insegue più volte.
L'inizio di “Bando” è davvero curioso: è una rullata militare, ma il suono del rullante è effettato, e sembra quasi un fischio. Poi partono zufoli rinascimentali, e il testo accosta elementi naturali, bucolici, e d'arte, alla freddezza dell'economia: “Basta coi sospiri, solo aliquote e pensieri, oppure prestiti bancari. Le more con i loro cento occhi, pesche, mele e pere, con le loro tonde curve, sono bellezze casuali (…) sculture capitelli e tele tutti su in soffitta, o rivendute giù al catasto”.
Una tipica passione dei proggers è quella dei miti greci, calati nel nostro tempo. Non fa eccezione Trapella, che ci racconta di “Euridice a Milano”... in un rock in 6/4! La nostra ninfa però, nella metropoli non è più candida: “Euridice brucia i dadi col rum. Euridice beve e ti dà del tu, ed Euridice, dice, non viene più, mi resta il mio blues”. E Orfeo? Lo attende arrivare in metro!
In generale, le costruzioni armoniche, le progressioni, sono sempre degne di nota. Come l'introduzione di “Silenzio azzurro”, canzone di sabbia e del prendersi cura. Al contrario, “Un amaro” indugia sulla tristezza in un bar: “Lo zucchero che è sparso sul balcone (…) C'è una vecchia ubriaca che si lascia sfottere”. Per i fissati di dettagli (come me), da segnalare un unisono di voce e basso. Non ci si annoia mai, da inizio a fine album. Neppure coi passaggi di chitarre acustiche à la Genesis de “L'uomo con il cuore in mano”, surreale racconto di un uomo che ha letteralmente il cuore in mano: “Non lo può mettere in tasca né in nessun cassetto (…) Sopra l'autobus o in metropolitana, gli vale sempre un posto a sedere”.
I veneti riconoscono il titolo della prossima: “Ti cat tachi i tachi”. Lo scioglilingua è anticipato da un pianoforte romantico, che poi col partire della batteria, vira in freddi accordi jazz, in 7/8. Una mesta melodia di violoncello invece apre la conclusiva “.Regredendo” (credo che il punto a inizio titolo sia voluto). Ed ecco una corsa di chitarra acustica, che dà il via all'ultimo gioco, fino al falso finale. Proggers italiani vi voglio tutti qua! Cerchiamo l'imperfezione assieme a Trapella! (Gilberto Ongaro)