GABRIELE MASALA "Avevamo ragione"
(2023 )
Se vi accorgete che un artista impiega, mediamente, un semestre per pubblicare i propri dischi e, quando arriva al nuovo album, invece constatate che ci ha lavorato per un lungo anno, quale sarà stato il motivo? Beh, se un gigante come Enrico Ruggeri dona al suo amico cantautore sardo Gabriele Masala otto testi inediti, è facilmente intuibile che, stavolta, ogni singola nota andava ponderata con certosina pazienza.
Il risultato scaturito è “Avevamo ragione”: nono album in carriera per un artista che tratta con sensibilità vissuti personali, pensieri e scrutamenti del quotidiano, col cuore sempre aperto alla contaminazione ma conservando, tuttavia, l’anelito per una musica scritta con dedizione, passione e criterio sincero.
La tracklist evidenzia un percorso, comunque, complesso, ricco di contenuti e di spaccati di vita di variegata umanità, incorniciati in otto ambientazioni diverse. Proprio il celebre “Rouge” fonde la sua voce con quella del Nostro per dar vita ed energia alla prima traccia “Borghesia”, parente stretto di “La fine dell’impero” e di “Anime in vendita” per vigore rock e spigliatezza globale, mentre ottimi scorci ponderativi stazionano nelle vibratili “Noi due” e “La canzone delle mani” e nella toccante dolcezza malinconica della conclusiva “Una parola”: quella stessa parola presa a simbolo come lacuna comunicativa di oggi, spogliata di sostanza e di significato e, per scuoterci dal torpore riflessivo, pone in coda al brano un mirabile assolo di el-guitar.
Ruggeri presenzia anche nella tosta tematica della titletrack, con l’invito di prender presto coscienza di quanto siamo manovrati dai poteri forti che ci riducono a semplici pedine di una scacchiera sovranista ed arrogante. Infine, “Zelig” è quell’episodio fluido e brillante che viaggia con motore che punteggia pistoni bipolari pop-rock con olio elettrico.
Da trent’anni, Gabriele Masala rincorre lo scopo di portare l’ascoltatore a farsi domande e a non rimanere in superficie ma, semmai, lo stimola ad addentrarsi nei significati più reconditi per catturarne i risvolti più nascosti, capziosi, ma anche illuminanti, e lo esprime con una scrittura che esula dal banale, sempre pronta al confronto, al dialogo, allo spessore contenutistico, necessario per riportare la cultura musicale dove merita: il più in alto possibile. (Max Casali)