MARCO TRABUCCO "X [Ics]"
(2023 )
Unire jazz e quartetto d'archi da camera, è operazione rischiosa. Si verifica una tensione, tra l'approccio di improvvisazione, e la composizione classica. C'è un duplice pericolo: da un lato, gli strumenti sinfonici possono tendere a scimmiottare i cliché jazzistici; dall'altro lato, la jazz band può inamidarsi in strutture rigide e pesanti. Sembra che i dieci musicisti riuniti dal contrabbassista Marco Trabucco riescano a restare sul filo del rasoio, nell'album “X [Ics]”.
Forse, lo strumento che funge da miglior collante tra i due versanti, è la marimba, che spicca negli assoli dei brani “Open Space” e “Untitled”. Viola, violoncello e violino si comportano generalmente da quartetto d'archi assieme al contrabbasso, ma le loro parti più ritmiche e sincopate risultano convincenti. Eleganza infinita viene elargita agli arrangiamenti dal corno francese, ma qui entra in gioco la mia personale predilezione per quel fiato.
“One for Max” ha echi di Chick Corea, e funziona nel suo caleidoscopio di colori. “Meraki” è il brano che corre maggiormente quel rischio soporifero, ma la frizzante improvvisazione di pianoforte accorre a dare un po' di tono. Interessante il pezzo finale “Otranto”, tra progressioni armoniche ardite, modulazioni ricercate, partendo da una variazione di “Giant steps” di John Coltrane, rallentata e geneticamente modificata.
Un jazz raffinato e colto. (Gilberto Ongaro)