PAOLINO CANZONERI "Il cielo incupisce"
(2023 )
Oggi è una giornata grigia e piovosa, e stranamente l’istinto mi ha suggerito l’ascolto del nuovo disco di Paolino Canzoneri, incuriosito anche dalla deliziosa copertina.
Fin dai primi minuti, la mente mi porta ad immaginare una giornata come questa pensando a questo sensibile musicista siciliano, mentre con l’animo colmo di malinconia si rende complice per una fotografia in bianco e nero che promuoverà lui e la sua fatica.
Immagino anche uno “scatto” sonoro, che ritrae la sensibilità dell’artista, talmente profonda da confondersi in una bambina che scruta il cielo durante una giornata come questa. A riprova che durante un’esistenza, alle anime sensibili è necessario un impatto leggero con ciò che sta intorno, indipendentemente dal fatto che possa essere rappresentato o solamente visto.
Mi si perdoni l’apparente gioco di parole, ma non stupisce ‘Il Cielo Incupisce’, un album leggero, meditativo e trasparente, come lo sguardo perso nell’infinito di quella bambina. Ma potrebbe essere lo sguardo di ognuno di noi, quando avverte l’urgenza di starsene da solo, cercando di sintonizzarsi con altri suoni, con altri pensieri, quelli che son fuori dal quotidiano.
Una sequela di momenti ambient, creati grazie ad un uso volutamente minimale di certa attrezzatura elettronica, chip dal... “cuore di sabbia” che sembrano cercare una via di ritorno alla Natura, un ritorno ad uno stato di immobilità funzionale. Carezze sonore soffuse, oniriche quanto basta per elevare l’ascoltatore in un’altra dimensione, più propensa a ridurre al minimo il battito cardiaco.
Un pensiero anche al mastering, tocco estetico affidato alla sensibilità di Nicola Manzan, per chi scrive tra i più quotati ed intelligenti artisti italiani. Chi lo conosce sa che da sempre è attento all’attualità di quei suoni che sfuggono paradossalmente alla modernità, uno che sa renderli a portata di chi è in ricerca di qualcosa di diverso.
Alla fin fine, per approcciarsi con queste musiche, è sufficiente essere un po’ curiosi. (Mauro Furlan)