SANTØSPIRITO "Allucinante"
(2022 )
L'album d'esordio dei Santøspirito è prodotto da Marco Diniz di Nardo, chitarrista dei Management, e si sente. Le due band abruzzesi hanno molte cose in comune, nell'approccio distruttivo e negativo dei testi, e nel sound abrasivo. Uscito per Dischi Rurali, “Allucinante” ci presenta nove mine di canzoni.
Il ritornello di “Brucia per me” descrive poeticamente uno scenario di guerra: “Le bombe cadono sopra di noi, come stelle comete aprono il cielo a metà”. “Stato di trance” è una rapida corsa distorta, dove il testo strizza l'occhiolino alle varie neo – Mercoledì sedicenni (Tim Burton, è tutta colpa tua!): “Ora si può, scatena la tua furia adolescenziale. Ribellati contro quello che ti vogliono far piacere”. Con un po' d'ironia, la canzone esagera: “Vola un drago nella mia testa che sputa fuoco e risveglia i miei demoni”. La voce regge bene il ruolo di cantante acido.
Con un titolo come “Giovani di adesso”, non poteva non comparire “una schiera di zombie costretta in schiavitù”. Gen X, Y, Z, sono almeno 40 anni che ci sentiamo tutti così. Ma non preoccupatevi, se vi sentite persi, questo è il giusto inno parrocchiale per recuperarvi: “Cantiamo insieme dai! E' una canzone per i giovani di adesso, se la ascoltate lei sarà un buon esempio, non vi drogate, non bevete, non fate sesso, due dita in gola, andiamo a vomitare al cesso!”.
Al netto della scherzosità di questi pezzi, “Declino della civiltà occidentale” è musicalmente parecchio efficace: una sequenza di 4 accordi discendenti, che esprimono bene il significato delle parole. “Suona la sveglia ed è tutto uguale, la finzione è reale. La gente, insomma, dei costumi grotteschi languidi e in frantumi. (…) Dicono che vali soltanto quello che guadagni, ma il mondo è pieno di avvoltoi, ti strappa via la carne. Mi lavo la faccia col sapone per piatti, asciugo con carta da parati; è una prigione interiore, uscire non si può, nemmeno un bagliore”.
Dopo il breve strumentale “L'inganno di AB”, che guarda al post rock, ecco “Lattepiù”, che continua il discorso della generazione disillusa, cantando un inquietante ritornello: “Dai, bevo un po' di lattepiù”. Inquietante ovviamente per chi si ricorda di ''Arancia Meccanica''. Da questa canzone in poi, le strutture armoniche dei brani aumentano la presenza di progressioni con accordi diminuiti, e il senso di caduta. In pratica, ascoltandolo dall'inizio alla fine, il disco cresce molto. Dall'ironia pungente si precipita nel pezzo finale, “Abisso”. Ma la teniamo per ultima.
“La sconfitta” sembra essere la sorella tragica della più spiritosa “Un incubo stupendo” dei Management. C'è lo stesso desiderio autolesionista di “fallire”, che è un po' un modo per accettare un destino che sembra inevitabile. “Guardo all'orizzonte ma non potrò arrivare mai. Come Ulisse piango giorni che eravamo in viaggio (...) Punta i tuoi fari su di me, io che non voglio crescere. Punta i tuoi fari su di me, torneremo in cenere. Voglio solo perdere, lo farò rischiando tutto quello che ho (…) lei sarà la mia Caporetto per l'eternità”.
Contro questa “crisi maniacale”, ecco in soccorso la canzone “Adam”, che parla di un tizio che potrebbe fare una strage, “improvvisato kamikaze dentro un tribunale, perché a lui non gliene frega niente”. Ma il brano inizia con un urlo sarcastico a base di ecstasy: “Mdma quanta gioia mi dà, mdma!”. Ma questo wannabe terrorista è ormai assuefatto dallo psicoattivo: “La droga non dà più eccitazione, ottiene orgasmo con la nostra canzone”. Il pezzo più spigoloso del disco.
Ma eccoci all'abisso di “Abisso”, una canzone dal cromatismo lisergico, tra visioni psichedeliche e un grido verso l'Altissimo: “Nella sabbia ho visto una porta blu, due soldati e un uomo a testa in giù. La folla non mi crede, che novità, son lo spaventapasseri della città. (…) Dio vede e provvede, ma allora dove sei? Crolla tutto in rovina, ma allora dove sei?”. Che aggiungere? Una rock band che si chiama Santøspirito, che chiede a Dio dove sia finito. Catartico! Anzi, “Allucinante”. (Gilberto Ongaro)