ZAGREB  "Fulmini"
   (2022 )

Cresciuti di fretta, con un turbinio di forze tumultuanti dentro e fuori. Questo il perfetto identikit degli Zagreb, band che matura la sua genesi musicale composta di rock vigoroso, essenziale e potente nella caratura, in Veneto, tra Treviso e Padova.

Il loro album, ''Fulmini'', concepito durante i giorni più crudi della pandemia, anno 2020, è la sintesi di questo incessante inseguirsi di violente paure, rivalse erompenti, voglia di vita e libertà. Sono dieci i brani che lo compongono e da ognuno di essi trasuda quella energia irrefrenabile che ha reso questo gruppo, con alle spalle oltre 150 concerti assieme a formazioni di spessore quali Ministri, Teatro degli Orrori, Eugenio in Via di Gioia, davvero unico nella sua vitalità.

Il rock essenziale, diretto a fare del colloquio "pane al pane e vino al vino" con chi ascolta, si manifesta già da ''Libellula'', il primo dei dieci motivi che compongono la tracklist. È una intro classica con le due chitarre, di Alessandro Meneghello e Luca Zilio, a rivaleggiare in ripetute eiaculazioni di note pungenti, energetiche. A modo suo, questa è una canzone d'amore che inneggia all'etereo che non si ferma nell'aria, ma prelude anche all'effimero materializzarsi di qualcosa che pare potere ma che non può. "Libellula dagli occhi grandi, attaccati alla mia schiena e ti racconterò il silenzio". È un crescere di visioni crepuscolari sullo sfondo di anni luridi ed impietosi che domandano soltanto di fuggire. Non ti voltare, e ti perdi nell'aria.

''Contessa'', il successivo motivo scandito dalla batteria incalzante di Giulio Beniero, forse non ha dentro quella ossessione del precedente "Libellula", ma appare ancora più forte poiché va dritto al sodo là dove la moderna società, partorita nelle convinzioni sine qua non, ci ha condotto. Mali ed ipocrisie che fanno rima con bugie, sincerità di convenienza e toni ipocriti. Che si evidenziano quando il tappeto chitarristico sale incisivamente di tono attendendo il grido di battaglia di Novello. "Senza fine non si può stare bene". Ed una conclusione velata di amarezza: "specchi e lacrime fanno una galera".

''La Mira'' è il vortice roboante di quanto si è generato nel brano precedente - dobbiamo leggere tutto l'album degli Zagreb come fosse un diario dei giorni di pandemia, di isolamento - , un graffiante desiderio di redenzione. "Non senti che vi parlo, se tutto crolla dentro un incubo, se le mie immagini sono un universo di pillole ed un muro che sale". Belle divagazioni in salsa rock suggestiva che fanno da preludio al susseguirsi di tastiera, chitarra e batteria che caratterizza ''Miss Maschera''. Giù le mani dalla sincerità, non basterà l'ipocrisia a farcela fare franca. E questa assomiglia ad una maschera, una trappola di pelle nera con cupi occhi da amare. Attenzione però, chi si innamorerà di lei avrà da vivere una esistenza fatta di sogni spezzati e timori vaghi. Copriti che la notte è un soffio. Ecco la maschera della vita che tutti noi dobbiamo conoscere.

''Tu hai me'' è probabilmente l'unico dei motivi che si avvicina maggiormente alla rock ballad. Se ''Libellula'' era il brano che dipingeva l'amore soffuso, questa canzone, che si avvale della firma e del featuring di Omar Pedrini dei Timoria, è la vera e propria dichiarazione d'amore. Ma la donna amata è la Felicità: hai solo scarti ed ossa, ma scegli me, hai me e non è che hai niente.

Abbiamo combattuto, siamo caduti cento e cento volte. Ma ci siamo sempre rialzati. Qui termina la prima parte del diario di "Fulmini", che scorre tra le lunghe pause preludio alla vertigine prima del temporale. Nell' atto secondo dell'album, che consigliamo di ascoltare d'acchito, torna il rock adrenalinico che anima ''Resto solo io'', tre minuti di battiti cardiaci accelerati ed appena mitigati dalle digressioni chitarristiche più sofisticate del finale. Si parte forte e si arriva fortissimo con "Portami con te": la battaglia è in pieno svolgimento, non c'è niente di personale. Ma le ipocrisie paiono avere fagocitato la luce delle menti. Buio dal quale bisogna fuggire: "il fiume oggi è un mare isterico, portami con te, anche se non c'è niente di nuovo". Ed un verso che dice tutto su quanto si sia stravolto. Cupido punta Venere...

In ''Laila'' e ''2020'' quella tempesta che ottenebra e redime è in piena attuazione. Ci si specchia, ci si scopre, senza più indugiare, il tempo delle indecisioni è finito. Una energia più centellinata, da assumere a piccole dosi, quella propinata da una chitarra elettrica dominante. Hai presente quando scoppia la tempesta nella testa, e ti guardi, dici basta, questo è tutto un deja vu.

Poi quel distruttivo tornado passa e va, e lascia soltanto "un ingorgo di bocche e sudore dove lo sguardo è una maschera di cera. Non facciamoci pregare la luce è soltanto un fulmine che precede i fulmini". Ci alzeremo da terra per tornare a vivere. La conclusiva "La ragazza del lago" è una visione finalmente allegra, dal tono quasi esorcizzante. Si ricomincia, amore mio, oggi mi tocchi, domani sognerai.

Bravissimi Zagreb. Bravissimi nel vivere e farci vivere attimo per attimo sogni e incubi, luce e buio. Con un rock essenziale ed efficace. Che guarda diritto negli occhi. (Leo Cotugno)