FRANCESCO LUZ  "Francesco Luz"
   (2022 )

Rock e pop è questo disco autobiografico di Francesco Luz, che porta il proprio nome. Uscito per Sorry Mom, l'album ci presenta un lotto di 9 canzoni dove Luz dà sfogo ai propri fantasmi, cresciuti durante un periodo di depressione post relazione. Ma la musica resta leggera, forse come reazione, o come testimonianza del superamento di quella condizione.

Intanto il disco apre con un semplice e diretto rock à la Led Zeppelin, “Live like this”. Fin qua si sente solo tanta energia divertente. Con “Surf” si inizia a sentire qualcosa di insolito: la base è costruita su un groove di basso ritmato, accanto ad accordi di chitarra che invece sono morbidi. E su questo, la voce intona una melodia che sembrerebbe più da tango. Questo strano incrocio incuriosisce e fa seguire le parole, mentre alla fine c'è uno scherzo, un falso fade out.

Spazio alla chitarra acustica per “Respirare”, che porta un po' di sana “demotivazione”, quella che supporto da sempre, contro l'asfissiante cultura capitalista degli obiettivi a tutti i costi, della sveglia alle 6 e bla bla bla: “Dai sempre il meglio di quel che fai, ma corri corri e il risultato non ce n'è. Forse dovresti respirare, focalizzando l'essenziale dentro te”. Bravo, quoto. Dopo si capisce che si tratta di un arrendersi all'amore. Qualcuno a caso scrisse in passato: “Anche se non voglio, torno già a volare”. Con più serenità, Francesco canta: “Ti ricordi dell'amore? Ce l'hai annegato il cuore, nelle lacrime. Tanto anche tu lo sai che ci ricascherai, perché l'amore non vuole però”.

Si cambia stile, entrando in un dance pop, con “Ago di bilancia”, dove il nostro si sfoga chiedendo a un ignoto, che si prenda tutto di sé: “Prendi questo corpo, prenditi le ossa, prenditi la mente che scava la mia fossa. Prendi le mie mani che tremano al mattino, prenditi i ricordi di quando ero bambino (...) Voglio essere libero, solo essere libero”. Il pop sintetico continua, a dispetto del titolo, in “Involontario tango”, dove si fanno i conti con la fine della relazione: “Gridamelo in faccia ora, che ho terminato il margine concesso. Siamo già stritolati in un adesso che resterà tutto chiuso anche se busso”. La melodia insiste nel restare allegra, funziona come un'anestesia.

La cover di “Prospettiva Nevski” non aggiunge nulla all'originale. Ovviamente nessuno pretende di eguagliare un guru come Franco Battiato, però questo arrangiamento pop rock basico, è un po' piatto. La voce non interpreta quasi nulla, se non nel verso di chiusura finale, dove si scalda: “Il mio maestro m'insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire”. Si percepisce che tutta la canzone è stata cantata per arrivare a questo verso, e indirizzarlo alla propria esperienza di vita. Un'operazione molto personale, ma le canzoni del Maestro ognuno le vive in modo diverso, perché egli ha toccato l'universale, che riguarda tutti. Solo che, boh, quel che Luz prova non lo trasmette, lo tiene per sé.

Meglio tornando ai brani propri, come “Lividi”, un simil bossa nova, con progressioni raffinate à la Sergio Cammariere. E poi ancora meglio tornando alla chitarra elettrica di “Home”, bel brano strumentale dove Luz fa sentire il suo virtuosismo espressivo alla sei corde, realizzando una melodia trascinante. E già che abbiamo riacceso la distorsione, chiudiamo l'album in elettrico come si era aperto. Un rock ottimista ed energico, come un brano di Bryan Adams, per darsi la forza spirituale di andare avanti e ritornare a vivere.

Oh, vedo che la traccia dura 12 minuti, ma la canzone finisce prima... Eheh, ormai con Spotify e le tracce che si vedono sullo schermo, è sempre più difficile nascondere delle “ghost tracks”. Beh, non ve la raccontiamo.

Questo è Francesco Luz, che speriamo mantenga la sua ritrovata luz, per farci ascoltare altri brani così raggianti e radiosi. (Gilberto Ongaro)