SEGNALI DI RIPRESA  "Sacrifice"
   (2022 )

Il ritorno dei Segnali Di Ripresa, trio marchigiano di difficile definizione (potremmo dire, indie folktronica?), è sancito dal nuovo album “Sacrifice”. La loro commistione di elettronica catchy, campionamenti folk e chitarra elettrica, sposta il classico contesto sociale, dove solitamente si sviluppa il suono synth, cioè l'ambiente urbano. Invece, con questo gioco (dall'esito fresco e coloratissimo), ascoltando brani come “Roots” sembra che i Daft Punk si stiano facendo una gita in campagna, seduti alla sagra nelle Marche. Ce li vedi, attendere la polenta nelle panche di legno?

Eppure il risultato, è uno di quegli scherzi che escono belli. L'elemento idiosincratico delle fisarmoniche (quantizzate come si fa con un synth), assieme a questi beat elettronici vagamente retrò, e alla chitarra indie-rock, crea un cortocircuito divertente e caloroso. Si sente in “Initiation”, che iniziando con una voce gravissima da rituale aborigeno e delle cornamuse, si risolve in un unisono tra synth e flauto. Oppure l'inganno di “Lands”, che parte come fosse una preparazione a un'esplosione eurodance, e invece sul culmine si trasforma in synth folk da balera sintetica.

Ci sono anche scherzi ritmici e metrici, come in “Numbers”, dove gli accenti ora sembrano 6 ora 10 ora 4, a seconda di dove poni l'attenzione. Si fondono panorami lisergici con climi da rituale solenne, alternati a ritmo tribale, come in “Animals”. Non sempre l'elemento folk compare, e i nostri si lasciano andare nell'elettronica più pop giocando col vocoder, rievocando scenari ora da Rockets (“Letters”), ora da Eiffel 65 in “Colours”, dove c'è nel refrain un inciso di quattro note di chitarra, che vi resterà impresso tutto il giorno.

Il clima di festa lascia spazio a momenti più scuri nella titletrack e in “War”, brano che riempie tutto lo spettro delle frequenze (in parole povere, è pesante all'ascolto, quando le tastiere riempiono tutto l'udibile, mentre è più accettabile quando parte la drum beat e la chitarra si prende lo spazio lead). Il brano finale, per l'appunto “Finale”, è una summa di tutto, tra arpeggioni costanti, ritmo dritto, flauto melodico e momenti atmosferici vintage.

Davvero una scoperta gradevole, colorata ed originale. (Gilberto Ongaro)