THE SOURCE "…But swinging doesn't bend them down"
(2022 )
Se vi dico free jazz, normalmente a cosa pensate? Baccano organizzato (o disorganizzato, ma con reciproco controllo), dissonanze, Ornette Coleman, e soprattutto tanta velocità. Pare invece che i Source abbiano tentato per la strada opposta: lentezza, flemma, dilatazione. Ed è uscita una cosa concettuale parecchio straniante. Del resto, siamo a Trondheim, città norvegese sempre fertile di creatività jazz; probabilmente, ad ogni angolo di strada c'è un innovatore.
Dal titolo di ispirazione letteraria, l'album “...But swinging doesn't bend them down” (uscito per Odin Records) presenta 14 tracce flemmatiche, sedute. Ma non aspettatevi quei lenti eleganti (e noiosi), pieni di accordi dai nomi lunghissimi (G#7b9b13...). La band qui sceglie spesso temi polifonici ma omoritmici (cioè note diverse, ma suonate allo stesso tempo) per il sassofono ed il trombone, mentre la batteria, nonostante i tempi dai bpm sempre bassi (anzi, forse proprio per questo), si ricava spazi per rullate agitate e nervose, che restano libere, poiché smarcate dalla consueta rapidità di tempo, che li ridurrebbe a piccoli fill di passaggio.
In questo clima così disteso, il contrabbasso assume spesso e volentieri la funzione lead, cosa rara. In “Limbo”, esso marca inizialmente i battiti principali, creando una situazione statica e d'attesa. In “Raag löyly” invece intona una scala misolidia, ammiccando a stilemi orientali, mentre i fiati pronunciano note lunghe e fisse, come in un rituale. Poi invece, all'avvio del tema, sax e trombone restano sempre nella suddetta scala, ma l'orientalismo sparisce. Sembra più un tema da Weather Report, anche se appena scesi dal letto!
In “Rubicon” c'è una progressione armonica che procede, pigramente. Con calma. La cosa divertente di questa pigrizia esibita, è immaginare che i musicisti suonino svaccati e stravaccati! Ma qualcosa si muove, in “Something's Motion”, verso la fine. La traccia è collegata alla successiva, “Big shuffle”, dove la batteria appunto avvia tale ritmo. La situazione si agita leggermente di più in “Responsorium”, comunque si mantiene quell'approccio finissimo di “suonare indietro”. E si corre proprio in “Momk”, titolo che forse è una storpiatura di Monk, pensando a Thelonius. Qui il sax compie virtuosismi tipici del jazz anni '50, e il contrabbasso fa il walking bass; insomma, i Source ci concedono una situazione riconoscibile.
Poi ritornano sui propri passi trascinati, come all'inizio del disco in “Monday”, con l'andazzo da lunedì, per l'appunto. “Theme for Alvar Wirkola” sembra eccedere nella dilatazione, o forse è un'impressione contrastiva, perché viene subito dopo “Momk”. “Dawn” è una suggestiva conclusione, dove oltre a discorsi tecnici, c'è anche una sorta di rappresentazione immaginaria dell'alba. Attivi dal 1993, The Source sono un'interessante macchina creativa. (Gilberto Ongaro)