HELDON  "Antelast"
   (2022 )

Ecco, lo vedete il sorriso del recensore compiaciuto, per una volta non costretto a faticare, a cavar sangue dalle rape pur di mantenere una visione di ottimismo? Stavolta ha avuto gioco facile, il direttore è stato magnanimo e clemente.

Sono tornati e probabilmente in molti li attendevano, gli Heldon del chitarrista-filosofo-polistrumentista Richar Pinhas. Vive la France!

Voilà, eccovi servita una musica nata per il piacere di farla e di condividerla, di fronte alla quale tanti dovrebbero inchinarsi e prendere lezione. Cinque perle, alcune di lunghezza inusitata, su Bam Balam Records. "Musica da non consumare" si intitolava la rubrica di un augusto recensore decenni fa. Ebbene, con gli Heldon eccone un esempio.

Non mi piacciono gli steccati e i compartimenti stagni, compresa la dicitura kraut rock che ha in sé un sapore di recinto acidulo, di razzismo e dispregio, peggio ancora per il cosiddetto space rock che è un appendino cui possiamo delegare di tutto e il contrario di tutto, per riporlo nell'armadio di una ipotetica enciclopedia della musica. In questo caso heldoniano siamo al cospetto di una delle più convincenti versioni di amalgama delle 7 note calzanti per il nostro tempo disgraziato e feroce.

Un album da conservare e collezionare con cura tra i più preziosi, nella scansia più pregiata e remota al riparo da furti e circonvenzioni, con una buona dose di approssimazione preconizzando che difficilmente tra dieci anni o venti risulterà datato o ammuffito perché è di sostanza e di cuore, un po' come uno dei migliori album italiani in assoluto - lo so sono di parte, lo metto appena dopo "Il tuffatore" di Flavio Giurato - e peggio per chi non lo conosce - che compie 25 anni, "Tabula rasa elettrificata" dei compianti Csi. Viene in mente la tenuta di "Push the botton" dei Chemical. Vediamo.

Echi? Al floydiano come al krautrockiano osservanti verranno in mente a bizzeffe, cosi come ai fan dei Radiohead e di quel capolavoro che è "Exposure" di Robert Fripp (da non mancare le sue esibizioni settimanali con la moglie Toyah su YouTube), ma soprattutto bando alla retorica. Qui conta ribadire e rimarcare che il cappello va calato all'istante di fronte a tale potenza e a tale coraggio così inattuali - sono tutti brani strumentali - nel tempo in cui domina e sovrasta la logica del largo consumo, dove la meteora non si misura con il quarto d'ora di celebrità di warholiana memoria ma con il femtosecondo del clic che basta a sancire un pollice verso o recto per esprimere una comunque soggettiva preferenza, peraltro facilmente manipolabile e condizionabile e creabile a tavolino tramite un semplice computo algoritmico.

Con gli Heldon e il loro nuovo lavoro siamo agli antipodi della cultura del like, siamo ancora in ambito vivaddio analogico, se non come tecniche come mentalità. Insomma tutta roba genuina, che fa invidiare chi l'ascolta dal vivo. Ma già così basta, accontentiamoci, vediamo se uscite indenni ascoltando la prima traccia o la seconda o la quarta, a manetta in autostrada, rispettando i limiti di velocità per carità, tanto vi sembrerà di avere a bordo un 16 cilindri come la mitica Eb110 Bugatti a 4 ruote motrici, e poi ditemi se non vi sentite in un film di Cronemberg o di Lynch. Ma qui non siamo nelle sonorità alla Badalamenti cui ci ha abituato in odore new age il genio di "Elephant man".

Qui gli Heldon (prossimi ormai ai 50 anni di attività!) esibiscono il loro repertorio gravido di paesaggi ipnotici, a tal punto conturbante e ammaliante che lo useresti al posto della novocaina per sottoporti ai ferri del dentista. Un lavoro peraltro frutto di un lungo lavoro di attesa e decantazione, inciso live nel 2019 e uscito solo ora, insomma onore al merito, ola e saluto sull'attenti a centrocampo. Voto 10.

Il miglior disco dell'anno? Finora sì. Anche perché a pensarci bene queste musiche potrebbero essere un buon tappeto sonoro per un remake come si deve di ''Alien'' (tremo all'idea di cosa sarà il prossimo annunciato episodio) o della saga giapponese techno-horror di "Tetsuo". Ma questo disco basta e avanza come soundtrack per un blob dei due mesi e rotti di guerra ucraino-russa, con inserzioni delle altre 90 guerre attive sul pianeta. C'è di che temere e tremare. Chapeau, monsieur Pinhas. (Lorenzo Morandotti)