RIO SACRO  "Rio Sacro"
   (2022 )

Edoardo Commodi e Norberto Becchetti sono i due chitarristi protagonisti di questo disco, che come titolo porta lo stesso nome del duo: Rio Sacro. Il Rio Sacro è un ruscello che scorre a valle dei Monti Sibillini. Questo contesto umbro-marchigiano è fonte di ispirazione dei due musicisti, che realizzano un affresco musicale tiepido e idilliaco.

C'è una scelta stilistica ricorrente: arpeggi stoppati con effetto delay slapback (in “Belvedere”, nello shuffle “Radio Notte”, nel sentimento blues di “Afroasiatica”...) che rende una particolare atmosfera, quasi da Twin Peaks. L'altra chitarra intesse invece le melodie, spesso molto ampie e cantabili, in particolare quella di “Canaglia” e della conclusiva “Stella di mare”, molto dolce. C'è in generale una delicatezza e una contagiosa serenità di fondo, che fa star bene chi ascolta. Ci son tutti gli elementi per sorridere, anche qua e là per lo slide “hawaiano”. La morbidezza permane pure quando c'è un ritmo più marcato, come in “Ultima paglia”, anche se la musica più quieta in questo disco è “Oltre la sera”, arricchita nella melodia dal glockenspiel.

I Rio Sacro definiscono la propria sonorità exotic/mediterranea. In effetti, questo si avverte in “Graziosa”, dove tra le percussioni si sentono il guiro e le nacchere; o in “Un altro giro”, che si risveglia dal tepore degli altri brani, su un ritmo cha cha cha. “Pastorale”, nella sua tenerezza, contiene una melodia sulla quale gli Abba avrebbero potuto scriverci un testo. Il tema di “Crocevia” invece, porta un'espressività a cavallo tra quella di Knopfler e quella di Gilmour.

In “Palude” torna quello stoppato descritto prima, che ci porta in un un'intrigante clima da giallo/noir, con tanto di investigatore in impermeabile. Infatti, la musica dei Rio Sacro si presterebbe bene al cinema, tanto che già alcuni loro brani sono stati utilizzati in una pellicola e in un documentario. Se i Rio Sacro traggono spunto dall'omonima valle, viene proprio voglia di andare a visitare il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e sentire che aria tira. (Gilberto Ongaro)