BLUAGATA "Di stanze e nevrosi"
(2022 )
Le voci di Alessia Massi e Margherita Bencini sono la prima e l'ultima cosa che restano impresse dei Bluagata. Le loro personalità, entrambe debordanti, danno una cifra stilistica ben precisa e un carisma al progetto, che quasi rubano l'attenzione dall'interessante commistione di rock elettronico con venature hardcore che le sorregge. Margherita ha uno scream da panico, e la sua enfasi è tale che sembra ti voglia prendere a calci sulle gengive (cit. Futurama). Per certi versi, tornano in mente i Guano Apes. I sussurri di Alessia invece sono ambigui: a volte comunicano disperazione e angoscia, a volte un sinistro compiacimento. L'unione delle due istrione è devastante.
Uscito per la Vrec Music, “Di stanze e nevrosi” è un album agitato e rabbioso, e ci tiene ad essere “pesissimo”, sia nel cupo sound, sia nel taglio drammatico dei testi, nella ripetitività ossessiva delle parole più inquietanti, e nel sarcasmo luciferino diffuso. Argomento molto interessante, quello affrontato in “Comodità”, nonostante un pizzico di retorica di troppo: “Ti circondi di ricchezze che non servono a niente, guarda brillano i diamanti trafilati di sangue”. Beh, aggiungo: sapevate che in realtà i diamanti non sono rari, e non valgono un tubo? Provate a cercare online, non è una bufala. In “Persone vuote” la filippica continua: “Rinchiusi dentro casa fuggiamo sempre altrove, tocchiamo solo schermi, siamo persone vuote, riempiti di schifezze scegliamo la via più semplice (…) diverso da me non è nessuno, ti guardo meglio e non sei nessuno”.
Un arpeggio minaccioso caratterizza “Quattro mani”, che affronta il tema della violenza sulle donne. La scrittura migliora rispetto ai testi precedenti, perché qui svanisce il sentore di predica, si entra nel racconto empatico, quasi a voler istigare la rabbia in un'ascoltatrice che queste cose le conosce: “Tutti che la ammazzano, dopo la perdonano, quando la consolano, le arriva addosso il peso di sé (…) non ci voleva credere, non ci voleva andare, non ci voleva rimanere dentro a quella fossa con te”.
L'album continua a crescere, con “Stanza 24”, con parole che affondano nella psicologia: “Siamo come pezzi di puzzle diversi, non ci uniamo mai (…) tutto quello che cercavi in te stesso è andato perso”. Come graffia la voce qui! Ma finora ci siamo solo riscaldati, perché con “Liberati” arriva una batteria rapidissima, e la voce s'incazza: “Dov'è la bestia? Chi sei, non lo sai? Fatti vedere per quello che sei. Vuoi sapere chi sono? In cambio però voglio tanto, lo sai”. A mano a mano che la canzone procede, le parole precipitano sempre di più: “Sì, ci sono molti massi appuntiti (…) ti devi svegliare, lo dovrai scoprire, niente ti devi aspettare, niente ti devi aspettare!”. Catartico.
Più moderato, il pezzo scelto come singolo “Resti qui”, sulla paura “che tutto voli via”, condizione ormai normale per la nostra generazione. Strano aver scelto questo pezzo come singolo, perché gli altri sono decisamente più forti, come “Non si vede”, pezzo beffardo con risata malefica, che con una frase circolare descrive egregiamente la condizione di cittadino incosciente: “Tutto quello che è successo fino ad ora è stato ripetere tutto quello che è successo fino ad ora”.
Un'altra canzone della serie psicologica è “Un asteroide”: “Un asteroide in rotta di collisione si abbatte sulla coscienza frantumandone l'essenza. Lacrime ti fanno annegare dentro un mare cosmico”. La chitarra qui ci concede una parte soft. Mentre la spietata “Sei davvero tu” urla a una persona divenuta irriconoscibile, a furia di portare una maschera. Se la tematica sembra banale, non lo è affatto affrontarla in questo modo, a denti aguzzi. Morde! Dopo tutte queste botte, non so se prendere sul serio il brano di chiusura, che recita: “Ti puoi fidare di me”.
Una cosa interessante dei Bluagata, è che ogni album che fanno uscire è sorretto da un filo conduttore, se non proprio un concept. Basta spulciare il canale YouTube e leggere i titoli dei due lavori precedenti, per notarlo: in uno, ogni titolo è formato da due parole contrastanti, separate da una /. L'altro invece, dedica qualcosa a una donna diversa per canzone. E qui, il concept della nevrosi è stato decisamente sviscerato alla perfezione. Si può uscire un po' traumatizzati, e son sicuro che era questa l'intenzione. Infatti dovevo scrivere questa recensione quattro giorni fa, ma ho raccolto i cocci solo adesso. Brave, non ci riescono in tanti a sconvolgermi così.
E, con tutta questa furia a disposizione, con “Palazzi” i Bluagata non potevano esimersi dal dirigerla a un personaggio politico in particolare, ve lo lascio indovinare: “Trattieni il fiato che non hai, stai andando giù; interi palazzi crollano e cresce solo il panico. Ma dimmi adesso, mio grande zar che succederà? I miei amici scappano tra neve rossa e vomito. Mentre muori ricordati di non sporcare, non gridare; cancellare ogni segno, quello che sai fare bene. Tieni stretto lo stemma che stanotte il fiume ingoierà, il tuo pianto lontano non lo sentirà nessuno”. Bluagata, rossofuoco. (Gilberto Ongaro)