UNIK UBIK  "I'm not feng shui"
   (2022 )

Uno zefiro freak e punkettone soffia incessante ed agitato tra le undici tracce di “I'm not feng shui”, terzo album per il quartetto franco-belga Unik Ubik, pubblicato per Humpty Dumpty Records a ben sei anni dal precedente “Maximum axis”.

E sarà sì un lavoro discretamente indifinibile, slabbrato e non certo ordinato, ma fila via a meraviglia in trentasette minuti di pura frenesia senza requie né regole.

A costo di apparire dispersivi, sempre all’insegna del “lo famo strano, ma non troppo”, i quattro gigioneggiano beati tra detriti di rock caotico e nervoso, mai rinunciando a gustosi guizzi assortiti che pescano qua e là dal sottobosco dei bei tempi che furono. Frizzante e dinamico, apre sullo strumentale zappiano di “Dan jun” – free-jazz, frizzi & lazzi – che dà il benvenuto prima di tuffarsi nel marasma di “Rolled in flour”, praticamente i Blur mischiati ai Clash, o nella tirata assassina della title-track, praticamente i Cloud Nothings mischiati ai primi P.I.L.

Ed in questo falso impero di cose mischiate ad altre brillano comunque di luce impropria l’aria à la Morphine di “Mesmerize & vanish”, la cadenza nevrotica à la Pere Ubu di “Lazy beezy”, l’incedere sinistro ed inquieto di “This is the day” – con sincera partecipazione di G.W. Sok degli Ex – ed una interessante cover di “Pinheads on the move” dei Tuxedomoon degli albori, praticamente balkan rock mischiato agli Stranglers periodo “Black and white”.

In cauda venenum, con l’incalzante “Maggie débloque” – trama schizoide à la That Petrol Emotion su un tempo sbilenco e un drumming forsennato, placato in una stasi illusoria scossa dall’onnipresente sax e ficcata a forza in un fosco cul de sac – e con la chiusura soffocante di “Right or contract”, affogata in una nebulosa di feedback che riporta tutto a casa.

Cosa riporti e a quale casa, non è sempre chiaro: ma l’impatto è notevole, come il retrogusto metallico che – non si sa come – ti lascia in bocca al fin della licenza. In fondo, curiosamente piacevole e attraente, spiazzante e ondivago, ostentatamente weird. (Manuel Maverna)