COUNTRY FEEDBACK  "Intermission"
   (2022 )

MiaCameretta Records presenta il lavoro di Country Feedback, alias Antonio Tortorello, polistrumentista che prende il nome da una canzone degli R.E.M., e che però non prende ispirazione solo dalla band di Michael Stipe. Nel suo disco “Intermission”, c'è la sua passione per il cinema, e tanti rimandi a quell'indie-rock e il pop rock alternativo che tanto hanno animato la scena anni '90-'00; il tutto ovviamente con un approccio personale.

Country Feedback ha suonato quasi tutti gli strumenti: voce, chitarre, tastiere e sintetizzatori, drum machine e percussioni; ma il suo strumento principale, si sente, è il basso, che spicca nelle intenzioni di quasi tutti i brani. Ospiti sono due chitarristi, di cui uno ai cori, e il batterista, ma quel che si fa notare sono il trombettista e il sassofonista, che danno un colore in più nella palette sonora, che aumenta la diversificazione di suggestioni, come nel brano di chiusura “The shape of things to come”, con un assolo di tromba praticamente jazz.

“Orson Welles” e “Not quite my tempo” tributano la settima arte, il primo riferendosi a “Citizen Kate”, il secondo a una terribile scena di “Whiplash”. Qui, la chitarra ha un effetto crunch volutamente lo-fi, e la voce è un lamento melodico leggermente distorto e compresso. Questa scelta effettistica sulla voce è pressoché diffusa nell'LP. A volte sembra di riascoltare i Blur, a volte gli Smashing Pumpkins, e in entrambi i casi è una bella sensazione.

Ci sono anche episodi più squisitamente elettronici, come “Home”, dove i giri bassi sono affidati al synth, e c'è un clima da Moby. Tutti questi nomi noti sono da prendere con le pinze, sono solo indicazioni per farvi intuire, prima dell'ascolto, in che acque nuoterete. Ma poi, una volta avviato “Intermission”, potrete avere le vostre impressioni, lasciandovi ossessionare dal ritornello di “Enemy”, o facendovi prendere dai due accordi di “Music is a mirror”, trascinati dall'assolo di sax.

“Reverse engineering” è un coinvolgente strumentale, dove il basso strizza l'occhio a “Drive” degli R.E.M., solo per qualche secondo, ma poi muta in un clima synth graffiato e minaccioso. “Nothing's really changed” è il brano che meglio riassume le caratteristiche dell'album: inizia con la drum machine e un pianoforte drammatico, poi si avvia la batteria reale, il pianoforte si fissa in uno staccato più allegro, la chitarra suona arpeggi jingle-jangle, e tromba e voce aggiungono il contributo malinconico e realistico nel testo.

“Intermission” è un bel posto dove restare. (Gilberto Ongaro)