ALIENO DE BOOTES  "Unconventional Residents"
   (2022 )

La musica strampalata dei Residents, ensemble musicale con base negli Stati Uniti da oltre 50 anni, è quanto di più creativo e fuori da ogni schema di genere che si possa conoscere. Un collettivo surreale, forse anche mutante, visto che, da sempre, non si sono mai esibiti né presentati in pubblico con le loro vere facce. Dal 1972 ognuno dei quattro musicisti indossa un maschera grottesca, che senza dubbio li colloca fin da allora anche come immagine, band unica ed artisticamente anarchica.

Giusto per fare un esempio, per un periodo le loro maschere sono state composte principalmente da tuxedo e cilindro posato sopra un gigantesco bulbo oculare. Questa maschera in particolare (da un po’ di tempo a questa parte, il bulbo è stato sostituito da un teschio), diventata praticamente anche simbolo, sembra sia stata pensata da Homer Flynn, da sempre il portavoce (o se si vuole il volto umano) della band, già nel lontano 1979.

Pur essendoci molto da dire anche sui costumi, si può tuttavia affermare che questa loro attitudine li distingue anche nella musica, che non poggia in nessun genere conformista o convenzionale, né mai sono entrati in fuorvianti logiche commerciali. Questi musicisti si sentono (e sono) liberi di essere e non essere, lasciandosi contaminare artisticamente solo da chi potenzialmente ritengono di condividerne lo spirito. La loro ricerca musicale sbocca verso un ambito che potremmo definire avanguardia, anche se esiste un altro ambito, quello rock, dove il riferimento è senza dubbio Frank Zappa. Ma abituandosi all’ascolto, da qualche altra parte potrebbero saltar fuori altri legami, come quello con Eric Satie. Oppure ancora Gershwin, tra i classici fondamentali, come pure la musica tradizionale nera, con a capo James Brown.

Non basterebbe un trattato per approfondire le tappe raggiunte dalla band, gli artisti di riferimento e le chiavi che aprono le porte dell’avventura artistica dei Residents, diventate con il tempo fondamentali per capirne la portata intellettuale. Le loro pubblicazioni sono quindi dischi dal forte gusto per la sperimentazione, per le miscellanee analogico-elettroniche, per l’introduzione di rumori metropolitani, che spesso supportano cantati surreali basati su liriche altrettanto ironiche, fantastiche ed irriverenti nei confronti di chiunque. In generale, negli ultimi anni emerge spesso la tendenza di abbinare alla musica anche altre possibili forme d’arte, costruendo, quando si presenta l’opportunità, vere e proprie performance multimediali.

Alieno De Bootes, atterrato chissà quando e chissà da dove da qualche parte nel nord est italico, ha pensato di bentrattare parte delle musiche dei Residents e farle in qualche modo più sue. Un’idea che ha origine nelle profondità degli anni ’80 quando, colpito dal pop obliquo della band di Minna Street (un po’ alla volta diventerà fondamentale per la sua formazione artistica), ha cominciato a metter mano su qualche brano. Ripescate recentemente quelle idee ed avvalendosi anche del supporto di una manciata di amici musicisti, Alieno ha messo assieme una ventina di cover “unconventional”, per un album stilisticamente non etichettabile, usando comunque tastiere vintage, sequencer, loop ed elettroniche modificabili ma mantenendo rigorosamente inalterato lo spirito anarcoide originale.

In pratica, Alieno ha stravolto gli arrangiamenti ma le peculiarità, il DNA originali delle composizioni sono rimasti intatti. Un percorso cronologicamente collocato per scelta principalmente tra il 1978 ed il 1984. Il risultato ha colpito gli attuali componenti della band americana e quelli della Klang Galerie, loro base europea, che si sono resi conto della portata del progetto e da subito disponibili per la pubblicazione di questa singolare raccolta di brani modificati. (Mauro Furlan)