EMANUELE NIDI  "Silver surfer"
   (2021 )

Al crocevia tra il Giacomo Giunchedi del periodo Cadori, il Niccolò Contessa di “Aurora”, l’Edda più intimista ed una personalissima idea di dove portare il suo cantautorato disallineato, Emanuele Nidi pubblica le dieci tracce di “Silver Surfer” a due anni dal debutto de “La tua bellezza in fiore”.

Diplomato in pianoforte al conservatorio di Parma, opta qui prevalentemente per la chitarra acustica come strumento di elezione per dare forma ad un percorso intrigante, mai banale nè calligrafico; a tratti scarno nella sua essenzialità, l’album conserva ovunque un piglio pungente ben sostenuto da un crooning sommesso, insinuante e blandamente sofferto, ideale compagno di testi intelligenti e sottilmente visionari.

Tra la bucolica intro strumentale à la Mark Kozelek ed il toccante commiato di una stralunata “Canzone della strega” per voce, pianoforte, contrabbasso e violino va in scena una pièce sui generis che tocca vertici di lirismo non trascurabili; dalla desolata ma morbida “Nessuno lo sa” – tra Battisti e Pieralberto Valli – che si fa strada con garbo su una mesta aria d’antan, sorretta dal piano elettrico e appena contrappuntata da piccoli tropicalismi ritmici in sottofondo, al simil-country indolente di “Cipria”, a quello più spinto di “Cosa devo fare per avere la tua attenzione”, alla pigrizia de “L’aragosta” che cita Lanthimos en passant mentre arranca sorniona e laid-back, “Silver surfer” si mantiene arguto, acuto, non privo di una oscura profondità percepibile in sfumature ton sur ton, ricco di temi e minuscole variazioni.

Tra le maglie di una delicatezza mascherata che ricorda la scrittura ambigua di Emiliano Mazzoni o di Andrea Lesignoli, carezze di facciata si aprono ad un mood affatto confortevole (“Il morso”), avvolte talora da un alone di mistero virato in noir: è uno fra i tratti dominanti di un disco che brilla per l’intensità con la quale sa comunicare, figlio di un linguaggio intriso di fosca poesia. (Manuel Maverna)