EVA LINDAL & VIRG DZURINKO  "The hidden music of Sofia G"
   (2021 )

“Quella dovrebbe stare in un museo!”, esclamava Indiana Jones. E questa è una storia di ricerca musicale, dove la violinista svedese Eva Lindal ritrova dei vecchi spartiti manoscritti, firmati Sofia Ganeshian. Erano spartiti praticamente nascosti, che mai avevano trovato la loro interpretazione pubblica. Lindal, assieme al pianista statunitense Virg Dzurinko si informano quanto più possibile su Sofia, artista rimasta anonima (sappiamo solo che era armena), e realizzano così “The hidden music of Sofia G”, uscito per Sharakan Music.

Si tratta di sette composizioni, dove si sente l’estro della compositrice, e la perizia degli interpreti. ”Sarakan” si avvicina alle dissonanze, ma vi passa quasi per errore, anche se il pianista già fa intuire dove andremo in seguito, tessendo armonie composite e spesso disarmonie. Infatti, nella successiva “Fantasma”, ci troviamo nell’atonalità totale; la violinista esegue parecchi glissati, e sfrigola le corde in diversi modi particolari, siamo ben oltre il pizzicato bartokiano. Rende benissimo il verbo veneto “fritegare” (friggere). Il pianoforte è più minaccioso nei primi minuti, poi più delicato, e il duo restituisce quella precisa impressione di “indeciso”, di disorientamento che danno queste scelte compositive. Il gioco sulle corde diventa tale che verso il sesto minuto non si riconosce più lo strumento, testimoniando l’approccio avanguardistico di Ganeshian.

In “Nostalgia”, abbiamo stridule discese e rapide cascate di suoni sbriciolati. Mentre in “Salamandra”, i saliscendi sono repentini e agitati, con costruzioni anche complesse di micro ritmiche e micro melodie fuggevoli. “Il Mare” inizia invece molto piano, viene da alzare il volume, per apprezzare a pieno la dinamica del brano. Ogni tanto sembra approdare su una terra tonale, per poi abbandonarla subito. Per qualche motivo ignoto, ad un certo punto una voce intona una nota, per quattro volte, e poi basta. Interessante il glissato di bicordo (cioè due note che “scivolano” in contemporanea) giunti all’undicesimo minuto, chi suona il violino qui trova un manuale di chicche, di virtuosismi.

“Sirene” è aperta da cluster di pianoforte, cioè dei colpi secchi e dissonanti. Virg tiene il pedale di sostegno, lasciando sentire tutte le risonanze tonanti sullo sfondo. Poi lo raggiunge il violino e via di nuovo di dissonanze. Fanno effetto certe progressioni folli di Dzurinko, ai tasti bianchi e neri. Anche qui, in due momenti della composizione, torna la voce, per pochi secondi: forse ha una funzione di intonazione, o una necessità respiratoria di Lindal; non riesco a capire la sua presenza, dal punto di vista espressivo. Ma bisognerebbe vedere i manoscritti di Ganeshian, che magari per qualche ragione ignota prevedeva questi interventi fugaci. Invece in “Circe”, la presenza della voce è certamente programmatica. Accompagna il violino fin dall’inizio, con dei sospiri affannosi alternati a dei sibili, quelli che si ottengono fischiando con la esse.

Qualunque sia la motivazione, rientra comunque nel teatro dell’assurdo che caratterizza tutte le composizioni, dal forte carattere di introspezione psicologica. Puro Novecento! (Gilberto Ongaro)