TRONDHEIM JAZZ ORCHESTRA & THE MAXX  "Live"
   (2021 )

La cittadina norvegese di Trondheim pare essere proprio una realtà culturale fiorente. Dopo i Trondheim Voices, giunti recentemente in redazione (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=8207), ora ci arriva un’altra proposta che porta il nome della stessa città (sebbene i componenti siano svedesi): Trondheim Jazz Orchestra & The MaXx. Stavolta si tratta, per essere sbrigativi, di jazz, ma nei cinque brani che si ascoltano in “Live”, appena uscito per la MNJ Records, ci sono influenze folk e rock. La “Jazzballaden” che apre il disco, inizia con un’apprezzabile gioco di colori dei fiati: sassofono, tromba e trombone, ma anche il recorder, conosciuto nelle nostre scuole come il flauto dolce, per poi lasciar spazio a piano elettrico, basso e batteria che fanno groove. Voce femminile, chitarra e flauto flirtano. L’orchestra è formata da undici musicisti. Si staglia un assolo di tromba sopra un ponte prog, con accenti zoppicanti. Quello che stiamo ascoltando è stato definito “opera rock astratta”, e si può confermare tale definizione, per la molteplicità di parti che strutturano i brani, e la varietà di situazioni musicali. Si tratta di una strana unione di atmosfere fusion urbano e tessiture sospese folk loriche: città e campagna insieme nello stesso spazio. In “Orgelblà” aumentano le zone caotiche ed energiche, tra tempi dispari, Hammond e fiati gagliardi. Son tutti brani di circa 10-11 minuti. In questo contesto, sorprende “Hystericon”, che dura 1 minuto e 40, e sembra un semplice country d’autore, con chitarra elettrica conciliante, e voce maschile che canta: "Can you feel the future world?". Gli ultimi due pezzi condividono il titolo: “Time taxi”, parte 1 e parte 2. La prima parte è una scatenata fusion in 7/4, con un riff di sax e basso, raggiunta da un unisono di voce e synth, che potrebbe gasare gli ascoltatori giapponesi, estimatori di queste atmosfere; ma tutti poi lasciano spazio a un assolo di chitarra elettrica, che ricorda quelli degli Atomic Rooster. La seconda parte inizia con tranquille distese synth, sulle quali la voce vocalizza sognante, con carezze di chitarra, e poi si struttura in un riff più serrato, l'elettronica va nel noise, fino a tornare in una fase paurosa con di nuovo accenti zoppicanti, davvero difficili da prevedere, e i fiati impazziti. Si finisce nel caos. Un coloratissimo esempio di musica dal vivo, di quelli che tanto ci mancano in questo periodo di prolungata pandemia. (Gilberto Ongaro)