KEKKO KEYES & PIKYNIELLO  "Distanze"
   (2020 )

L’EP “Distanze” dei rapper salentini Kekko Keyes e Pikyniello è stato prodotto a distanza, come accade di consuetudine ormai nel 2020. Contiene cinque pezzi, tra cui il singolo estivo “Billibambam”, che è il classico reggaeton, in questo caso dedicato al Salento. “Salento è sole, mare, libertà”, e seguono le descrizioni tipiche, tra festa e aperitivi. Il beat del brano di chiusura “Basta poco” ha un po’ di groove vecchia scuola, ed è rivolto al passato con nostalgia, sperando che ritorni presente. Forse è il pezzo più riuscito: “Ci bastava carta e penna, se partiva giù la base c'era sempre quella frase, ‘E passami sta canna’”. Anche perché le parole qui identificano l’appartenenza urbana: “Una sera su quella panchina, noi ragazzi di periferia (…)”. “Notte buia”, il pezzo d’apertura, ricorda una relazione, probabilmente interrotta fisicamente dalle restrizioni da pandemia. Ma tra i ricordi delle “nostre lunghe passeggiate”, la cosa più importante è che “le nostre anime bisbigliano (…) i nostri corpi son lontani ma si toccano (…) è l'empatia dei nostri sensi che ci unisce”. Sulla base di questi concetti, voglio pensare che “Carezze” sia scritta con amaro sarcasmo. Dovrebbe essere il pezzo contro la violenza sulle donne, raccontata dal punto di vista dell’uomo violento. Certe frasi testimoniano il retaggio maschilista, ancora insito nel pensiero. “L’amore suscita violenza (…) ti chiedo scusa per questi soprusi, per questi anni in cui l’amore ha partorito abusi”. Non è mai l’amore a generare la violenza: è il desiderio di sopraffazione, di potere, di “rimettere le cose a posto”, in quell’ordine sociale prestabilito, che molti maschi ancora (chi consciamente chi inconsciamente) vorrebbero mantenere. Un’altra frase “incriminata”: “Ti ho dato baci e dopo schiaffi, sì, ma tu meritavi carezze”. Il problema sta sul “meritavi”. Le carezze non si “meritano” in contrapposizione agli schiaffi. Questa espressione rivela il sottotesto, per cui un uomo stabilisce se una donna “si comporta bene o male” per lui. Si tratta proprio della mascolinità tossica che emerge. Ed il pezzo che arriva subito dopo “Carezze” è “Stupido”, dove si presenta la situazione ribaltata: “Sto bene solo quando non ci sei, mi fai sentire uno stupido (…) che ‘sti lividi sul petto me li hai fatti tu”. Qui l’uomo è vittima di una donna che esercita violenza psicologica, lo umilia costantemente, dicendogli “che non sono al tuo livello e non lo sarò mai”. Il rap è così, affronta le situazioni di petto, le rappresenta senza filtri anche nei suoi aspetti sbagliati. In “Stupido” c’è da segnalare un extra beat, indice di virtuosismo tecnico; i testi però, possono scavare un po’ di più negli abissi dei temi affrontati, per rendere più esplicita la condanna verso quei comportamenti. (Gilberto Ongaro)