FLAVIO FERRI "Testimone di passaggio "
(2020 )
“Che diventa Dio dopo il tramonto, che diventa Dio dopo il trapianto” (da “Scoppio di Dio”).
Registrato verso la fine del lockdown (il primo e ultimo… speriamo), in un momento di iperattività artistica di Flavio Ferri, ”Testimone di Passaggio” è un disco che trasuda urgenza comunicativa da ogni sua piega.
Trasmette la voglia di sperimentare, di esprimersi, di mettersi in gioco, di provare ad aggiungere un altro importante tassello nella già lunga carriera dell’autore.
Per chi non lo sapesse, Flavio Ferri è membro fondatore dei Delta V e produttore di molti musicisti, alcuni dei quali presenti in questo disco in veste di collaboratori. Dai i più stretti come Olden (Flavio Ferri ha prodotto l’ottimo “Prima che sia tardi”) e Carlo Bertotti (compagno d’avventura nei Delta V) fino a Marco Trentacoste (Deasonika), Livio Magnini (Bluvertigo), Codice Ego, Elle, Mia Ferri (figlia di Flavio), Paolo Gozzetti, Valerio Michetti, Marco Olivotto, Fabrizio Rossetti, Ulrich Sandner, e persino a Gianni Maroccolo (lo storico bassista di Litfiba / CSI / PGR), di cui Flavio Ferri ha rimixato “Maranza Tuttobene Remix".
I testi delle dieci canzoni che compongono “Testimone di Passaggio” meritano un discorso a parte, infatti sono affidati allo scrittore e paroliere Lucio Ragagnin, che disegna paesaggi claustrofobici fatti di verità roventi e apocrife, di odio nascosto nel bosco abitato da bambine da canzone che ti raccontano di adolescenze prigioniere, sorvegliate da madri sentinelle pronte a chinare il capo davanti a padri padroni.
Ma la grande forza di quest’opera è la perfetta coesione tra i mondi musicali immaginati da Flavio con il supergruppo di amici, e le liriche di Lucio Ragagnin, poi il resto lo fa la voce grave, profonda e “non commerciale” di Flavio Ferri, così lontana dai canoni usuali tanto da definirsi giustamente “Testimone di Passaggio”.
Si parte con “Beckett”, che è una messa a fuoco delle atmosfere plumbee che dominano l’opera tra un subconscio/subsonico, theremin urlanti, scratch urticanti e, come recita il testo, “mi sembra un buon inizio”.
E’ un sogno psichedelico la vicenda della versatile “Bambina da Canzone” (quasi da cannone), un’Alice nel paese delle Meraviglie costretta a fluttuare nell’immaginario visionario di Ragagnin.
Segue un pesante atterraggio sull'amara realtà tra le chitarre taglienti e i bisogni dissanguati delle “Le Verità Roventi”.
Rapporti famigliari corrotti in ”Moderna” “che non è una fiaba da villaggio incantato”, tra Joy Division, CSI salmodianti, cori ancestrali e crescendo finale per uno tra i brani più toccanti dell'album.
Con intro di piano e voce fossatiana, “Houdini” ci fa sentire il vento che sibila attraverso i rami degli alberi brillanti di David Sylvain, e come in una visione in slow motion “Testimoni di passaggio” ci riporta alla nostra rassegnata effimerità, ma, tra tribalismi esoterici e fantasmi indie-rock, il maligno ci aspetta dentro al bosco di “Odio”, e neppure gli slanci di musica orchestrale contemporanea di “Ligeti” riescono a rassicurarci.
Tanto meno quando Flavio Ferri si trasforma in un novello colonnello Kurtz e ci porta a fare una gita nel suo Vietnam interiore in “Scoppio di Dio”: grande scrittura e grande interpretazione.
Infine l’elettronica di “X Files” ci lancia un segnale di speranza ma ci ricorda che “la verità è l'apocrifo”.
Un album diverso, che richiede qualche ascolto in più, ma il gioco vale la candela, e, una volta accesa, basterà seguirne la luce e unirsi al testimone di passaggio prima che il buio ci inghiottisca di nuovo. (Lorenzo Montefreddo)