ENTEN HITTI  "A tutti gli uragani che ci passarono accanto"
   (2020 )

Gli Enten Hitti danno finalmente alle stampe alcuni dei brani composti sulla scia di un contratto con Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, canzoni che la band stessa definisce apocalittiche. La storica band progressive mescola new wave, pop-rock e sperimentazioni sonore in un disco convincente, intriso di storia e di premonizioni.

A Tutti gli Uragani Che Ci Passarono Accanto è un album complesso che sa essere anche diretto e di ampio respiro. I suoi momenti più difficili sono pietre d’inciampo che obbligano l’ascoltatore a fermarsi, porsi domande, non per forza darsi risposte. È un album che risente molto dell’influenza di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, delle loro funamboliche e grandiose esperienze coi CCCP e CSI, della loro filosofia e impostazione. Già in “Casa dei Pensieri” le piroette vocali e l’approccio cantautorale creano un tutt’uno estremamente coerente e appassionante. “Figlia dell’Acqua e del Sole del Mattino” tocca territori simili, mentre brani come “Luna di Pietra” e “Necramon” si allontanano solo leggermente da questa atmosfera cantautorale per sfiorare maggiormente accenni bucolico-folklorici o puramente progressive.

I nove brani che compongono A Tutti gli Uragani Che Ci Passarono Accanto raccontano una storia di speranza e di redenzione, di una fine che incombe e di un tentativo di (improbabile) rinascita. Uragani, tempeste, ma anche soli, acqua, distruzioni, purificazioni. Le mani insanguinate e che fanno l’amore di “Le Mani d’Africa” sembrano un tuffo nella grande tradizione del pop-rock italiano dei Nineties. Dall’altro lato, invece, “Non Vorrei Crepare” insegue un certo sperimentalismo non solo italiano Anni Ottanta e Novanta in uno spoken word raffinato ambizioso, dove la musica in sottofondo è puro prog declinato in una dimensione ambient.

In A Tutti gli Uragani Che Ci Passarono Accanto gli Enten Hitti narrano un momento della (loro) storia di non semplice decifrazione, un’incertezza poetica e dolce che si percepisce dall’inizio alla fine nella musica e nelle parole. Ci sono molti passaggi cupi, ma la speranza qua e là compare, come nel quadretto bucolico “C’è il Sole nella Strada” o nella sognante “Vento Lento”, forse il momento più alto del disco. In conclusione, la primitiva e propiziatoria “Dea Mangiamele” è al tempo stesso fine e secondo inizio, un momento di snodo che può dare nuova linfa all’umanità in crisi. Gli Enten Hitti provano a indicare una strada. (Samuele Conficoni)