CRISTIANO GODANO "Mi ero perso il cuore"
(2020 )
“Mi ero perso il cuore” è l’album di esordio da solista di Cristiano Godano. Un’esperienza a sé, marginalmente non sovrapponibile al mondo Marlene Kuntz. Tredici brani con un unico filo conduttore, che sembra voler rilegare il lavoro all’interno di un concept album. Racconta i demoni della mente che mente. La mente che, se non controllata, può acquisire gradatamente il controllo della persona in maniera dannosa. Ma è il cuore l’unico vaccino contro tale situazione. E’ un album in cui il coraggio della paura, inteso come coraggio di esternare in maniera autentica la paura che si ha verso qualcosa, rappresenta il tratto fondamentale. Un tratto che disegna paesaggi acustici, rilassati, malinconici, per esternare una poetica vulnerabilità che, proprio perché genuina nella sua espressione, diventa il vero punto di forza. Sono canzoni che Cristiano Godano ha voluto incidere, produrre e suonare con l’ausilio di alcuni componenti degli Üstmamò, ambientando tutti i testi in situazioni sospese in un non-tempo, in cui passato e futuro sono assenti. Sostanzialmente si tratta di ballads che spesso richiamano, direttamente o indirettamente, scelte stilistiche musicali tipiche del cantautorato classico e del folk americano. Con quelle ambientazioni distese, riflessive e dai reverberi ampi, per disegnare paesaggi che meritano di essere contemplati con l’orecchio e con l’immaginazione. Si ricordano brani come “Ti voglio dire”, sull’amicizia e sull’importanza della comprensione, in merito agli stati depressivi del protagonista. Brano che, nelle intenzioni iniziali di Godano, doveva entrare a far parte del repertorio dei Marlene Kuntz. Situazione controbilanciata in “Lamento del depresso”, ove l’amicizia invece diventa spunto di delusione ed amarezza, per essere svanita al momento del bisogno. Particolare la parte finale cantata ed urlata disperatamente, sullo sfondo, alla maniera tipica di Roger Waters in “The Wall” dei Pink Floyd. “Com’è possibile”, con la sua cadenza country, nonostante le sue ambientazioni cantautoriali e colorite, ha liriche inquiete, volte ad evidenziare i mali maggiormente noti del mondo coi presunti tristi scenari. Poi la delicatezza ovattata dei suoni (che fanno molto Neil Young dell’album “Harvest”) di “Ciò che sarò io”. Con cori velati e particolarmente espressivi, parla della vulnerabilità del protagonista, in preda alle ossessioni ed angosce quotidiane, rintanato nel suo habitat protettivo casalingo, sente l’abbandono della donna e prospetta un futuro di solitudine, anche quando ella esce solo di casa per causa lavoro. Particolari anche “Padre e figlio” e “Figlio e padre”. Il primo, coi suoi non nuovi andamenti lenti ed ovattati, arpeggiati e smisuratamente empatici, è incentrato sul contrasto generazionale e sul successivo pentimento del padre. Il secondo, dall’andamento molto alla Neil Young di “Out of the Weeked”, parla del figlio che evoca la figura che fu del padre, mentre fantasmi si agitano allo sfondo, provocando angoscia e paura. Una buona dose di influenze folk americane si percepiscono anche in liriche che parlano di prevaricazioni della mente che mente e della necessità di trovare il cuore, come unico deterrente (“La mia vincita”), in evocazione di una persona che resta ossessivamente nella mente dell’io narrante (“Sei sempre qui con me”), nell’angoscia di colui che, esprimendosi delicatamente, si sente lasciato da lei, solo, contro i soliti assalti della mente (“Ho bisogno di te”). Simile discorso stilistico vale anche per “Dietro le parole”, “Ma il cuore batte”, “Nella natura” e “Panico”. Quest’ultimo, in particolare, è l’unico brano punto di rottura della produzione, essendo, di fatto, l’unico che propone ritmi, liriche e contenuti musicali che si definirebbero pop-rock. Insomma una prova da solista, questa di Cristiano Godano, rivoluzionaria rispetto a quello che ci aveva abituato ad ascoltare con i Marlene Kuntz. Apprezzabili scelte musicali che guidano all’ascolto in un nuovo mondo di ambientazioni riflessive, meno arrabbiate, magari più amare ma dotate della necessaria volontà di vincere. E’ la stessa volontà che ha ispirato il cantautore. E si direbbe che, in merito alla prova d’esordio, la vittoria sia meritata a pieno titolo.
(Vito Pagliarulo)