KILLIN' BAUDELAIRE "Vertical horizon"
(2020 )
Le Killin’ Baudelaire sono un’alternative metal band tutta al femminile, portatrice di una portentosa testimonianza girlpower. Il sound è riconoscibile, non innovativo ma efficace, e la voce di Cleo si sa imporre, tra acuti puliti e scream decisamente degni di questo nome. Il 6 marzo 2020 esce “Vertical horizon”, il nuovo album che, lungi dall’omaggiare l’omonima tranquilla band americana, contiene 13 proiettili musicali esplosivi. Nonostante la capacità della batterista di alternare stili diversi, passando da ritmi in levare a mitragliate senza pietà, rimane una certa coerenza stilistica. Partendo da “Lullaby”, il suono pesante satura le frequenze e gaserà i cultori del genere. Altri brani come “(Ex) ecute” e “Tearing all your words down” presentano anche dei refrain orecchiabili. “Building ends” è un lento, sviluppato in un crescendo di devastazione. Piccoli interventi elettronici condiscono “S.T.A.Y.”, “The mongrel” e “Later/hater”, la più punk dell’LP, una corsa sfrenata con urla. Le Killin’ Baudelaire viaggiano rapide e cattive anche in “Still burning”, con parole minacciose: “I wanna play a game, shut your mouth”. Abrasiva ed emozionante “Blind fate”, poi siamo pronti a spaccare tutto tra i vari “motherfucker” di “Shoot”. Infine, la titletrack, tra riff arroganti e ritmo trascinato, fa emergere nelle backing vocals le radici blues. Unica canzone che un po’ lascia perplessi è “Leader=receiver”. Col suo tiro funky, di per sé in realtà è anche eseguita bene e dimostra la duttilità delle Killin’. Ma stona nell’insieme dell’album, che per la maggiore si esprime come un carro armato, guidato a 300 km/h coi tacchi alti; tacchi protagonisti, tra l’altro, del “controverso” videoclip di “Don’t give a f**k”. Controverso, perché pare che i commenti si dividano tra fan e criticoni. Ma, come dice la canzone, tutta la band sembra rispondere in coro: “Don’t give a f**k!”. (Gilberto Ongaro)