ASTOR PIAZZOLLA & HIS TANGO QUINTET  "Live in Lugano"
   (1983 )

“E sull’ingresso del cinema / la proprietaria mi fa / - Qui sono io la musica / va’ via pezzente va’ va’…- / con una furia dinamica / come se fosse un capron / scalciando brutta bisbetica / coi piedi sul bandoneon / Bandoneon, vecchio leon, mordila!” Questa scenetta, rievocata da Paolo Conte nella sua “Il regno del tango”, non doveva essere rara ai tempi eroici in cui il tango muoveva i suoi primi passi, più o meno un secolo fa. All’epoca un “tanguero encantador” poteva guadagnarsi da vivere a stento suonando “sei giorni no ed uno sì” in questi locali equivoci o direttamente nei bordelli che circondavano il porto di Buenos Aires. Quando nel 1921 nacque Astor Piazzolla il tango era già uscito da questa specie di limbo, anzi c’erano già i primi fenomeni di divismo, primo fra tutti Carlos Gardel, ma ancora si era ben lontani solo dall’immaginare che un autore di tango sarebbe stato inserito (e non di rado) nei concerti di musica classica, che un violinista di fama internazionale come Uto Ughi avrebbe scelto “Oblivion” per un bis (sentito con le mie orecchie) da far venir giù il teatro, con il violino che piangeva come un bandoneon, o infine che un signor jazzista come Richard Galliano avrebbe esplorato al meglio le potenzialità del suono della fisarmonica in dischi come “Blow Up”, che non a caso contiene anche due tanghi di Piazzolla. Il quale non era solo un virtuoso di bandoneon (versione della fisarmonica molto diffusa in Argentina) ma aveva anche, come dicono quelli che sanno, ”un certo background”, ovvero si era fatto un bel mazzo in Europa studiando composizione e direzione d’orchestra. Ma mentre le sue opere colte sono sconosciute (è il destino della musica colta) molti suoi tanghi sono diventati di dominio pubblico. Eppure sono difficilissimi se non impossibili da ballare, anche a detta dei più validi ballerini. Resta però il grande piacere dell’ascolto, più profondo da quando (anni ’60) Piazzolla ebbe l’idea di fondare il Quintetto che suona in questo disco: pianoforte, violino, chitarra, e contrabbasso, oltre al suo bandoneon. E’ una formazione quasi cameristica, perfettamente equilibrata, con chitarra e contrabbasso a formare una base ritmica, il pianoforte che alterna limpidi assoli a dialoghi di delicatezza schubertiana con lo strumento principe, che è il bandoneon, ma non sempre. Perché nei temi più cantabili non è raro che il violino diventi assoluto protagonista, con Piazzolla a fare da spalla al suo validissimo braccio destro Fernando Suarez Paz. Nel 1983 questo Quintetto capitò a Lugano, piccola città ma vero ombelico del mondo musicale. La Radio della Svizzera Italiana non si fece scappare l’evento e registrò dal vivo (perfettamente) questa splendida testimonianza del livello tecnico ormai raggiunto dal vecchio Astor e dai suoi musicisti. L’introduzione pianistica di “Adios Nonino”, che apre il disco, con le sue poderose cascate di note mette qualche dubbio: ma è Piazzolla o Brahms? Poi fa capolino, quasi timido, il bandoneon, e tutto si avvia verso la normalità. Va però citato il virtuoso di pianoforte, sia per la bravura, sia per il suo nome, Pablo Ziegler, perfetta sintesi, molto argentina, di latino e tedesco. Altri momenti salienti di questo concerto sono quelli in cui il tango si fa impressionista: i guizzi di bandoneon di “Escualo”, che danno davvero l’idea dei movimenti repentini del pescecane, la circospezione con cui parte “Lunfardo”, che fa pensare al passo guardingo di un malcapitato che debba attraversare un quartiere malfamato (di Buenos Aires, naturalmente), la suite “del Angel“, (“Milonga, Muerte e Resurrecion del Angel”) autentico e commovente “tango sacro”. Non può mancare il celeberrimo “Libertango”, ormai rifatto in tutte le salse, dalla versione sciccosa della panterona Grace Jones (a proposito, che fine ha fatto?) a quella banale, da balera, dello spot Vecchia Romagna, che sta compiendo l’impresa di renderlo quasi odioso. Anche perché c’è sempre un beota che alle prime note esclama “Oh bellina, la musica della Vecchia Romagna”. E allora, come dice Paolo Conte, vai bandoneon, vecchio leon, mordilo! Diventa un pitbull e azzannalo ai polpacci, ti prego, fallo per me. (Luca "Grasshopper" Lapini)