DESDAEMONA  "Starcrossed"
   (2019 )

Da una manciata di anni, la band veneta dei Desdaemona, originata dalla cantante Anna Holtz, si prodiga con apprezzabili risultati a tirare a lucido il filone del gothic che, da qualche tempo, sembra aver raschiato il barile. Però, complice l’ausilio del Mazzarella Press Office, l’album di debutto “Starcrossed” (datato 2016) riprende nuova vita, dando la chance di farlo conoscere non solo al pubblico italiano e finlandese (i soli destinatari di tre anni fa) ma di estenderlo ad ulteriori platee. Un’operazione (da approvare!) che ha il sapore di non rassegnarsi a far finire nel dimenticatoio un album dai contenuti comunque interessanti. Un fitto tappeto di synth introducono “Cyprus”, finchè l’ingresso della soprano-singer Anna Holtz aggiunge compattezza sinfonica di gran caratura, mentre “Iago” parte tambureggiante per dar modo di sviluppare un chorus lineare ed energico in un maestoso incrocio di violini e chitarre. “Willow” è un ottimo esempio di come si possa coniugare ricerca armonica con vibrante incisività emozionale. L’intensità esecutiva si riduce con la dolce “My Magdalene”, che sa conquistare senza ricorrere ad assemblazioni opulente ma donando un mood dal peso specifico qualitativo. Non è vero che “niente dura per sempre”: provate a scalfire la coesione sonora di “Nothing lasts forever”, traccia dall’impatto granitico che esalta la maestria del combo nell'intrecciare strumenti e trovate con fascinosa disinvoltura. Non può mancare Il classico episodio ballad che, in verità, si fa un po' attendere ma poi s’affaccia alla traccia 6 con “Angels in hell”, nella quale Anna addomestica l’insieme con magiche modulazioni che si fondono con garbate soluzioni d’impasto. La coppia finale “Invisible Thread” e “Shipwreck” conferma la linea-guida fin qui operata dai Desdaemona, magari non facendo gridare all’innovazione ma puntando su rese di un certo peso le quali, in un genere ormai ampiamente battuto come il gothic e il symphonic-metal, comunque fan portare a casa al combo veneto un risultato lodevole. Adesso, però, è il momento di staccare il cordone ombelicale da “Starcrossed” per osare, in futuro, un po’ di più se si vogliono raggiungere apici che contano: non dico allontanarsi del tutto da quest’album, ma importando solo i stralci importanti per integrarli con idee che diano sensazioni minimamente innovative, altrimenti si rischia di finire nell’abbondante calderone di genere e, francamente, credo proprio che i Desdaemona non meritino di rientrare nel novero delle band dozzinali. E, soprattutto, sarebbe uno spreco gettare alle ortiche il palese talento che hanno. (Max Casali)