CELER "Xièxie"
(2019 )
Il titolo del nuovo lavoro di Will Long, ultimo di una folta serie di produzioni a nome Celer, significa “grazie” in cinese: “Xièxie”, appena uscito per Two Acorns Records. I suoi field recordings, questa volta, ci fanno viaggiare da Shanghai all’aeroporto di Hangzhou, passando nel treno supersonico chiamato “Maglev” (che può raggiungere i 600 km/h). Il tutto avvolto da drone music, prolungata in maniera estrema, senza aggiungere nulla al loop scelto, neppure minimale. L’esperienza intera dura quasi 90 minuti ed è distribuita in 2 LP. Diverse tracce, come titolo hanno la descrizione dell’ambiente registrato e la data. “(06.23.17) From the doorway of the beef noodle shop, shoes on the street in the rain, outside the karate school” apre il disco, tra voci, campanelli di biciclette, clacson vari, e un pad statico ed avvolgente, tendente al drammatico. Sembra che stia per accadere qualcosa di tragico, ma il pad è tutto ciò in cui consiste la seconda traccia, “Rains lit by neon”, in tonalità minore. Si passa al maggiore con “In the middle of the moving field”, ma con un suono più grave, profondo e vibrante. Dopo dieci minuti, udiamo dei passi, ed ecco l’agognato viaggio in treno, in “(06.26.17) Maglev at 303 km/h”, un rapido passaggio di 44 secondi. Dopo la veloce corsa, una raccomandazione: “Text me when you wake up”. Qui, il campo è riempito da suoni ariosi e cristallini, e Celer lascia fluire l'intero ciclo di vita del suono, in maniera circolare. In chiusura al “Disc one”, un loop vagante costituisce i 21 minuti di “For the entirety”, che per effetto della reiterazione trascende. Il “Disc two” ci fa ripartire con un secondo viaggio: “(06.24.17) Birds inside the high halls of Hangzhou, (06.21.17), Shanghai red line, metro karaoke”. Gli annunci in stazione ci fanno attendere la metropolitana, dove entriamo, così possiamo apprezzare l’accelerazione, mentre udiamo in carrozza un vociare di bambini e un tamburino percosso in modo maldestro. Il tamburino ci collega a “Prelude to obsession I”, un altro drone insistente, che in “Prelude to obsession II” subisce solo una minimale variazione, quasi impercettibile ascoltando tutto di fila. Giungiamo in aeroporto con “(06.26.17) Waiting in Hangzhou”, tra i passeggeri in movimento, ma restiamo solo un minuto, per terminare con l’ultimo quarto d’ora di drone: “Our dream to be strangers”. L’ambientazione sembra riconciliarsi con il mondo, e tutto il doppio disco appare come un’osservazione meditativa ed estatica della realtà circostante, per la quale Will Long si sente di essere grato, di dire xièxie. (Gilberto Ongaro)