ANGELO BRANDUARDI  "Il dito e la luna"
   (1998 )

Branduardi è un personaggio unico, lo si sa, non solo per il look d’altri tempi e per la musica medieval-popolare che non ha eguali in tutta Europa (dove, non a caso, ha successo indistintamente). Branduardi è unico anche perché, pur conservando ed alimentando uno stile inconfondibile, ha voluto e saputo seguire strade spesso diversissime tra loro. E non c’è dubbio che, in questo senso, “Il dito e la luna” sia un album quasi “di rottura”: impossibile, infatti paragonare la scelta stilistica musicale di brani storici del suo repertorio (“La luna”, “Alla fiera dell’est”, “La pulce d’acqua”, “Cogli la prima mela” e via dicendo) a quella di quest’album, rinnovato musicalmente come, forse, non parrebbe al primo ascolto. Ci si fa infatti cullare dall’inconfondibile voce, senza notare che pezzi come “Il giocatore di biliardo”, “L’uso dell’amore” e soprattutto “Vita quotidiana di uno spettro” sono estremamente innovativi per la cifra stilistica musicale del bardo italiano. Non solo, i testi dell’album furono interamente scritti da Giorgio Faletti, ed il risultato fu davvero sorprendente: a quell’epoca Faletti era ancora solo un comico con la passione musicale, erano ancora lontani anni luce i fasti letterari di “Io uccido” e seguenti. L’album vendette benino ma non benissimo, e questo fu decisamente un peccato: che Branduardi sia più amato e considerato all’estero piuttosto che in patria è in effetti una pecca tipicamente italiana. Della serie “l’erba del vicino”… (Andrea Rossi)