ERLEND APNESETH TRIO WITH FRODE HALTLI  "Salika, Molika"
   (2019 )

Abbiamo incontrato il trio norvegese capitanato da Erlend Apneseth due anni fa con l’album “Åra”, (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=5643), dove si improvvisava con approccio visionario su strumenti etnici. L’intenzione non è cambiata ora, con il nuovo lavoro “Salika, Monika” (appena uscito per la storica Hubro Records), ma si incanala in maniera più precisa, grazie alla collaborazione del fisarmonicista Frode Haltli. Questa musica prende il nome di avant folk, folk d’avanguardia: Erlend e la sua inseparabile viola Hardanger, assieme alla fisarmonica di Frode, si incontrano all’interno un’elettronica ambient ed ipnotica. Il primo brano “Mor Song” ci dà subito un assaggio dei vasti campi che esploreremo: le note allungate di fisarmonica creano un’onda continua e molto rotonda, senza spigolosità, punteggiata da un pizzicato solenne. Sul cammino ad un certo punto incontriamo una voce che parla, in norvegese. La titletrack sembra essere anche il titolo di una filastrocca, per come è cantata dalla voce. La funzione di queste voci popolari campionate, è quella dei sample blues che Moby utilizza nei propri brani: fanno incontrare il passato con il presente. Haltli inizia così ad armonizzare sulla melodia cantata, e la viola improvvisa su una ritmica incalzante. C’è poi da focalizzarsi su “Cirkus”. Qui ci immergiamo in un delirio di glissati di viola, resi “liquidi” da un effetto eco, assieme alla fisarmonica che indugia su note acutissime, che la fanno assomigliare ad una melodica a bocca. Parte un ritmo saltellante ed intrigante, corroborato dal pizzicato, ma dopo un po’ si interrompe per entrare in una fase allucinatoria, tra percussioni agitate e sample di bambini che parlano sullo sfondo. Nel ritornare al tempo iniziale, il trio si diverte a confondere le acque con delle poliritmie; e la fisarmonica conduce una conclusione grottesca. Davvero un brano difficile da dimenticare. L’introduzione inquietante e quasi esoterica di “Pyramiden” resta inspiegata, poiché avvia un brano dalle atmosfere invece decisamente terrene e bucoliche, con la viola solista in primo piano. Ma dev’essere una delle intenzioni dell’avant folk, portare ciò che è folkloristico, cioè delle tradizioni popolari, in una dimensione altra, grazie all’elettronica, che la emancipa dal solito livello didattico, da etnomusicologo. “Takle” continua su questa direzione, iniziando con un frastuono di gente che chiacchiera, interrotto di netto da un estratto di una voce solista che ripete ritmicamente delle sillabe, in una sorta di scat. Questi sample vocali si innestano assieme alla musica strumentale, che li accoglie abbassandosi di dinamica, per poi rialzarsi quando terminano. E' come se, virtualmente, i musicisti rendessero partecipe la voce preregistrata in un live. La conclusione si dirige in un caos danzereccio, dove l’elettronica asseconda lo scat vocale. “Solreven” ci riporta un’atmosfera pacifica, dove viola e fisarmonica dialogano con un loop elettronico che si collega al brano di chiusura, “Kirkegangar”, dove veniamo abbandonati in un clima indefinito ma vorticoso, come in certe composizioni di Ligeti. A metà ci viene concessa una classica situazione campagnola, ma ben presto torniamo nell’universo, grazie agli acuti della fisarmonica che si fanno trascendentali. Ecco, questa è la definizione giusta: il trio di Erlend Apneseth assieme a Frode Haltli arrivano alla trascendenza. (Gilberto Ongaro)