MOTEL SATORI  "Blossom and flower"
   (2019 )

Fin dalle prime note dell’EP d’esordio dei Motel Satori, “Blossom and flower”, si intuisce la direzione suggestiva ed “esoterica” che la novella band vuole intraprendere. Il primo pezzo, “Impure”, ci propone un tappeto elettronico mischiato ad una batteria acustica, ed una fitta serie di arpeggi di chitarra elettrica, che quasi mai diventano veri accordi pieni. E sopra si staglia una voce femminile pulita, ma dalla forte capacità interpretativa, tendente ad una certa elegante sofferenza, come quella di certi episodi di Bjӧrk. Non c’è la paura di sperimentare, qua e là, anche alcune ricercate disarmonie vocali. L’elettronica prosegue in “The loophole”, dove ancora la batteria acustica dialoga con le percussioni sintetiche, la voce diventa corale tramite una continua armonizzazione, e ad un certo punto il basso si fa melodico, con un suono metallico. “American Venus” è forse l’episodio più incasellabile: un lento alt rock molto anni ’90, disturbato dal fondo elettronico noise. Ma è con il pezzo di chiusura, “A wiggle in space”, che l’EP decolla, e dove i Motel Satori rivelano le proprie carte. 9 minuti, dove un’elettronica ambientale, figlia dei Radiohead, per i primi due minuti gioca su una sequenza di accordi distanti una quarta eccedente (il famoso tritono). Dopodiché la chitarra accende la distorsione, questa volta concedendo accordi pieni e saturando il suono, e galvanizzando la voce che canta con la giusta enfasi. L’arpeggio di basso poi inaugura una parte dagli accenti spostati rispetto a prima, ma nonostante tutti questi continui cambi, la canzone scorre fluida e si lascia ascoltare, ci lascia viaggiare nello spazio. Dal sesto minuto la canzone inizia gradualmente a spegnersi, in un ambiente delicato dai suoni sognanti, finendo sulle parole “shape the smallest energy”. Quest’ultimo brano mostra le capacità espressive e le intenzioni del progetto, e mostra la direzione artisticamente più interessante, dove muovere i prossimi sviluppi. (Gilberto Ongaro)