VISIBLE CLOAKS, YOSHIO OJIMA & SATSUKI SHIBANO "Frkwys vol. 15 – Serenitatem"
(2019 )
L'etichetta RVNG. Intl. è nota per le sue pubblicazioni elettroniche e sperimentali; è frequentata da nomi come quelli di Mark Renner e Greg Fox. Dal 2009, pubblica delle musiche per installazioni artistiche, in una collana chiamata “FRKWYS”, e ogni episodio nuovo viene affidato ad artisti diversi. Per il volume 15, intitolato “Serenitatem”, è il turno di un ritrovo tra statunitensi e giapponesi, cioè fra i Visible Cloaks ed il duo Yoshio Ojima e Satsuki Shibano. L’incontro è particolarmente fortunato, poiché gli americani Visible Cloaks “soffrono” di quel fascino irresistibile verso l’impero del Sol Levante, riscontrabile nei loro lavori precedenti; collaborare con due pionieri dell’avanguardia nipponica come Ojima e Shibano (attivi fin dagli anni ’80) non poteva non portare ad una naturale sinergia. In “Serenitatem”, abbiamo otto paesaggi sonori più un remix, che vanno oltre il concetto di ambient. I suoni non sono solo avvolgenti e fautori di atmosfere, ma di veri e propri racconti, seppur dilatati. La cosa diventa evidente soprattutto in “Stratum”, di cui anche il videoclip (nello stile tipico dei Visible Cloaks, con le sue utopie grafiche) ne diventa rappresentazione visiva. Le architetture narrative uniscono pianoforte, vibrafono e strumenti percussivi naturali (riconosciamo le escursioni sul vetro di Ojima), con l’elettronica, anche a livello concettuale, nel voler instaurare un rapporto uomo – macchina. Il quale, per una volta, non è il solito scontro fra nemici, fra uomini deboli e mortali e macchine ribelli e indistruttibili, ma una simbiosi tra le migliori energie positive dei due poli. Il tutto è intercambiabile, in chiave liquida, infatti la traccia d’apertura “Toi” comincia con una goccia d’acqua. La definizione tridimensionale dei suoni è tale, che alcuni pare di toccarli con mano. In “Anata” e “Lapis Lazuli”, una voce femminile parla in giapponese, e viene gradualmente modificata, passata al vocoder. I campanelli e il pianoforte di “You” dialogano in maniera asettica, e in “Atelier” si può ascoltare una sorta di clarinetto OGM. Ma nonostante tutto questo, non si tratta di deformazioni volte a inquietare, a raccontare una distopia. Sembra più la descrizione di una costante evoluzione, verso un futuro cristallino e pulito. Una visione un po’ da inizio millennio, quando le porte di Internet erano aperte da poco alle masse, e si sognava un futuro di sviluppo equo ed internazionale, immersi in una gigantesca piazza CGI. Ed è rinfrancante riproporre una visione simile adesso, quando invece ci sentiamo perseguitati dal Grande Fratello tramite i social network. (Gilberto Ongaro)