ALESSANDRA ERAMO  "Tracing south"
   (2019 )

“Tracing south”, appena uscito per Corvo Records, è il nuovo lavoro di Alessandra Eramo, che ancora sperimenta le possibilità meno esplorate della voce. Il suo apporto alla musica contemporanea è anche carico, a modo suo, di attenzione all’attualità, disseminata in un contesto volutamente non confortevole. “A/tem” è una serie di incisioni di ''A'', pronunciate su diverse note prolungate, sospiri e soffi, con delle ''Z'' sovrapposte come contrappunto. Le note intonate ricercano le dissonanze. “I cannot neglet the sea” invece contiene frasi pronunciate, con una voce sdoppiata, di cui la seconda leggermente ritardata rispetto alla prima, per ottenere un effetto di eco ostile. Alessandra qui gioca a spostare l’accento di “Ofelia”. La Eramo parla soprattutto in inglese, ripetendo in particolar modo le parole più significative (“long long long long journey”), e il riferimento inizia ad essere sempre meno velato, alla tragedia del Mediterraneo di questi anni. E si fa esplicita in “Mediterranean migrant cemetery”, dove i campionamenti di voci sospirate ricordano le numerose anime sommerse dal mare, mentre un theremin lancia allarmi inascoltati, su fondo elettronico frastagliato, gradualmente sempre più disturbante. La quarta traccia, “Really very gut! (Nocturne)”, vede Alessandra ripetere ossessivamente “Really” e “Very” modulando la voce in maniera estrema, e con un certo tono sardonico, caustico come quello di Sabina Guzzanti in una delle sue maschere acide. Dopo tre minuti di queste due parole, finalmente si arriva alla terza parola, “gut”, che invece di essere “good” (''bene''), vuol dire “interiora”. E da qui, una coda fatta di mare sorregge due voci lamentose sovrapposte, una naturale l'altra distorta. Infine il noise prende il sopravvento. In “Paìs” si ripete l’esperimento con la parola del titolo, storpiata fin dall’inizio in vari modi, come “pis” o “paella”. I fonemi sono affiancati da note prolungate, dando al tutto un sapore marmoreo, funereo. Con “Southern landscape” Alessandra genera elettronicamente un impulso sibilante, esacerbato nei propri armonici. Ma si torna subito nell’universo vocale con “Vacìo”, dove vengono sovrapposte le vocali O A I E U, con tutti gli effetti che si ottengono nel passaggio da una vocale all’altra (i monaci tibetani sanno benissimo di cosa stiamo parlando). Le vocali lunghe sono alternate ad inquietanti colpi di epiglottide, e le vocali stringendosi diventano un pianto al rallentatore, mentre viene freddamente pronunciato il titolo della traccia. “Song for the sun (Carnival Rites)” sembra prendere materiale etnomusicologico, folklore, per deformarlo. Una voce popolare viene compressa, mentre parte una distesa di zampogne e tamburelli, assieme al chiacchiericcio dialettale. Alessandra si riprende lo spazio da protagonista con “Primitive bird”, con la voce da sola e spinta fino ai rimbalzi incontrollati della gola sulle corde vocali. Soffia e modula facendo il fischio con la esse. Gola ed elettronica si incontrano in “My favourite A train”, dove la voce nasale insegue ed imita l’impulso sintetico. Ed infine, questa celebrazione funerea termina con una melodia cantata in tonalità minore, ed in maniera sciamanica: “When I look into your eyes”. Quale sarà il termine di questa frase? Cosa vedrà Alessandra Eramo negli occhi di chi la sta ascoltando? Questo lavoro, oltre a voler essere una sfida per le orecchie, in maniera (non troppo) astratta vuole anche essere un pugno alle coscienze, da tempo sopite e distratte. (Gilberto Ongaro)