MARJA AHTI  "Vegetal negatives"
   (2019 )

Nata in Svezia, ma stabilitasi a Turku in Finlandia, Marja Ahti è da più di dieci anni un’esponente della scena sperimentale finlandese. “Vegetal negatives”, appena uscito per Hallow Ground Records, è il suo primo disco col proprio nome. Per capire le sue scelte è necessario partire da premesse scientifiche e letterarie. Dal lato scientifico, copiando le parole di un post su Facebook di Vito Mancuso, la teoria della simbiogenesi, sostenuta principalmente dalla biologa Lynn Margulis, sostiene che “la principale dinamica evolutiva per gli organismi superiori non è di tipo negativo (mutazione + selezione naturale) ma è di tipo positivo, e consiste nella tendenza intrinseca nella natura verso la relazione”. Ciò significa che, quando due viventi vanno in simbiosi (e tra esseri monocellulari ciò significa anche vivere l’uno nel corpo di un altro), si possono generare nuove forme di vita. Il concetto espresso nel titolo dell’album di Marja Ahti, si rifà allo scrittore René Daumal, che ci introduce in una versione quasi metafisica della simbiogenesi, secondo il quale esistono relazioni anche tra esseri umani e vegetali: l’uomo che incontra la propria forma vegetale negativa corrispondente, e che si unisce ad essa, ristabilisce l’integrità del cosmo. Come si traduce tutto questo in musica? Ma con l’ambient, ovviamente! Le quattro tracce di “Vegetal negatives” spaziano in punti lontani del mondo: Finlandia e Svezia, Grecia, Alaska. “Coastal inversion” sono dodici minuti di oceano, dove le sorgenti di rumore hanno forza narrativa. Se dapprima siamo cullati dolcemente, i rumori delle assi di un vascello, e dei gravi soffi, aumentano la sensazione di movimento impetuoso. Nella parte centrale sembra d’essersi immersi nell’acqua, tra rocce che si sgretolano e rifrazioni tintinnanti di suoni scampanellanti. Poi siamo catapultati da tutt’altra parte con “Rooftop gardens”: le porte che cigolano, mosse da un forte vento, la pioggia e il vociare delle persone, rendono un ambientazione urbana. Ma ecco tornare le campanelle di prima, sigillo del surrealismo di quest’opera. Alcuni loop sembrano imitare binari percorsi dai treni, in lontananza. Il terzo capitolo è il fulcro della teoria supportata: “Symbiogenesis”. Qui i suoni elettronici sono modulati, tagliati, si gioca con le frequenze, con onde basse, acqua e suoni d’aria che si incrociano, auspicando per l’appunto quelle relazioni positive. Il tutto condito a metà viaggio ancora una volta dal collante dei tintinnii. Infine “Chora” gioca con le risonanze di tubi molto diversi fra loro: le canne di un organo, e di aspiratori industriali, affiancati all’improvvisazione di un harmonium. Una voce femminile parla da un altoparlante, come in aeroporto, ma non sembra dare informazioni tecniche, sembra più decantare qualcosa, il che è ulteriormente straniante. L’attrito su superfici di legno viene inciso sia in maniera naturale, che filtrato armonicamente. Questo è “Vegetal negatives”, un invito fantasioso ad osservare gli elementi attorno a noi, con sguardo microscopico e connettendo gli opposti. (Gilberto Ongaro)