INGAR ZACH  "Floating layer cake"
   (2019 )

Il nuovo lavoro di Ingar Zach, “Floating layer cake”, uscito per la prestigiosa Sofa Records, raccoglie due esperimenti fra loro diversi. Il primo, “The Lost Ones”, è il risultato del riutilizzo di materiale sonoro creato in precedenza, e riordinato in maniera compositiva assieme ad altre novità. Una composizione dove le percussioni sperimentali di Zach incontrano il quartetto d’archi canadese Quatour Bozzini, la performer vocale Caroline Bergvall e il chitarrista Kim Myhr, coi quali Ingar ha già collaborato in “Pressing clouds, passing crowds”, lavoro di Myhr del 2018. Tra percussioni e programmazioni, il pezzo inizia con un tremolante soffio, che fa pensare ad un motore acceso, mentre il quartetto esegue acuti lenti e mesti. Il trip comincia con i risucchi d’aria intubata, mentre la voce recitante di Bergvall inizia ad accompagnarti nel viaggio: “Now I must leave, now you must let go. Now you leave, now I let you go”. Nel crescendo d’intensità del quartetto, si resta sempre statici, mentre suoni percussivi rotolano, ciondolano, creano disordine. Ad un certo punto, le note prolungate del quartetto, sembrano ricordare quelle che emettono le orchestre prima dei concerti, in fase di accordatura. La chitarra poi interviene ritmicamente, nella corsa finale su immaginari binari. La seconda traccia invece, “Let the snare speak”, non è altro che un segnale tagliente, in più modi dilatato e distorto, ottenuto dallo strofinamento della pelle di tre rullanti, per venti minuti. Tale vasta possibilità di soluzioni timbriche, è data anche dall’utilizzo di altoparlanti vibranti in fase di registrazione, oltre all’aggiunta di elettronica preregistrata e miscelata insieme. Se il primo pezzo è, pur nella sua difficoltà, intrigante e in un certo senso immediato, nella sua direzione dialogante fra strumenti, questo secondo è più ostico, e suona come il risultato di un esperimento scientifico e analitico, più che artistico e lirico. Ma come sonorizzazione di un film su drammi psicologici, sarebbe altamente performante. (Gilberto Ongaro)