GOTAN PROJECT "Lunàtico"
(2006 )
1998, l’inizio: il chitarrista Eduardo Makaroff incontra Philippe Cohen Solal, musicista e fondatore dell’etichetta ¡Ya Basta!. Quest’ultimo ha già lavorato con lo svizzero Christoph H Müller, che è nato a Buenos Aires e si è fatto un nome nel mondo del rock, ma è cresciuto col tango. Gli altri due, artisti “di vinile” e maestri del suono, stanno già lavorando insieme da qualche anno: la loro “Boyz From Brazil” ha infuocato le piste da ballo. I tre uniscono le loro forze per dar vita ad un’inedita miscela di tango e musica elettronica. Si trovano un nome: Gotan Project. Il primo album “La Revancha Del Tango”, del 2001, fa il giro del mondo come un razzo, oltre 1 milione di copie vendute nel mondo (ben 100.000 copie vendute solo in Italia dove conquistano il disco di Platino), e i Gotan Project scendono in strada con un tour che tocca i palchi di tutto il mondo, dal Giappone agli Stati Uniti oltre 200 concerti con un totale di 600.000 presenze. Il 31 marzo 2006 esce “Lunatico”, questo secondo album che in pochi mesi conquista il disco d’oro in Italia. I Gotan Project sono gli stessi ma al tempo stesso sono diversi. Il primo singolo estratto, “Diferente”, lo annuncia fin da subito. Cos’è cambiato? Prima di tutto, la loro visione più ampia della storia e del repertorio. Dopo “La Revancha Del Tango” anche loro ne sono entrati a far parte, creando “vocazioni” elettroniche da Oslo a Buenos Aires. Questa volta hanno composto tutto da sé: melodie ispirate a grandi come Carlos Gadel, che ha ispirato il titolo dell’album, “Lunatico”. Insomma, hanno dimostrato di essere dei compositori senza mettere da parte la loro abilità di far emozionare la gente. E per ampliare ancora di più la loro “offerta”, i Gotan Project hanno inserito nell’album la partecipazione di grandi nomi che testimoniano la varietà di forme che il tango oggi può assumere. Tango percosso, declamato, cantato, stravagante (il primo brano 'Amor Portèno' è rivisitato dai Calexico). La gamma di possibilità ci fa rivedere qualsiasi giudizio affrettato avessimo dato a quella incarnazione musicale della malinconia che si chiama tango. Su questo nuovo album il trio ha continuato a lavorare con il pianista Gustavo Beytelmann, un argentino che ha vissuto a Parigi per più di 25 anni e che è noto sia per le sue composizioni che per la sua passione per l’avventura. Questa volta ha arrangiato la sezione di archi composta da violini e violoncelli, registrati al leggendario studio Ion di Buenos Aires, aggiungendo un elemento di vibrazione acustica e dei contorni più cinematografici a questa seconda opera, sempre attenendosi al formato della “chanson”. Come risultato, “Lunatico” offre una moltitudine di voci: dai testi cantati da Caceres a quelli di Jimi Santos, due modi diversi di affermare le radici nere dell’Argentina, fino al rap contaminato da citazioni “tanghesche”. Per non parlare delle canzoni dolciamare recitate alla maniera dei crooner da Cristina Vilallonga. Non c’è dubbio, il tango non ha ancora detto la sua ultima parola.