SLOW WAVE SLEEP  "Chroma"
   (2019 )

Di che pasta è fatta la musica dei Slow Wave Sleep? Bella domanda e dibattito aperto, poichè ogni fruitore di questo "Chroma" proverà a formulerà una definizione, una descrizione, circa circorum, e sfido chiunque a contemplare una risposta di getto. Proprio cosi: siamo in presenza di un progetto che implica non solo una analisi più colta ma davanti al quale sarà bene, altresi, non sentirsi mai sicuri di ciò che scorre nei 7 brani dell'opera, in quanto spiazzante nelle soluzioni e palesemente futurista. Sì, d'accordo, qualche coordinata si può suggerire: post-rock, dream-pop, wave, ma non serve a molto, tanto è l'alto tasso del fattore sorpresa. Eminenza grigia del progetto Slow Wave Sleep è Emilio Larocca Conte: un fitto background come musicista di bands ed orchestre, nonchè firma della soundtrack dell'horror-movie "My little sister", ora tocca all'epta-tracks "Chroma" confermare l'estro dell'artista lucano, con il supporto di validi musicisti, tra cui la presenza dell'eclettico Gilberto Ongaro (aka Saffir Garland) alle tastiere. Il via lo dà "Kore mia", dall'aspetto funereo: avanza con cadenza gotica facendo colare stille di spiazzante inquietudine e volturando, in seguito, con tratte meno spietate. Intro di voce filtrata e futuristica aria folk domina la scena di "Lo spettacolo del dolore", con dilatazioni surreali orlate da tipici coretti di fitta suspence, ma ogni traccia dell'album riserva puntuali sorprese dietro l'angolo, ed il Nostro non gioca a dadi ma convola a nozze con variabili estranianti. Invece, zuppa d'elettronica scheletrica ed asettica, "Incontro tra Daphne ed uno dei sette savi" esprime una certa turbolenza eterea, caoticamente capace di catalizzare l'orecchio con stratificazioni di post-rock ipnotico e loops abissali sottilmente mitraglianti e vessatori. E' proprio un "Elogio della follia": imbastita in parte come filastrocca pop, sa evadere con arte prog e giusta tempistica per non ingabbiarsi ingenuamente su soluzioni inflazionate e prevedibili. Con "Garuda", giusto il tempo di cambiarsi d'abito, Emilio indossa il costume dell'aedo medievale, per concedersi un afflato narrativo d'altri tempi , intriso di dolcezza pianistica ed ugola espansa a lambire accorata passionalità. Prima o poi, le fughe d'organo prog dovevano pur far capolino da qualche parte: Infatti, eccole in bella evidenza nel penultimo atto "La via del granchio", ma l'astrattezza del brano è, idealmente, pittura su tela con dotta firma autorale, ed ogni tentativo di classificazione stilistica naufraga al primo iceberg intuitivo. Smarrimento alienante e affabulazione incorporea viaggiano a braccetto su percorsi labirintici. Domanda: pronti a bruciare all'inferno? Allora, avanti con la luciferina e ieratica "Burn in hell", infiammata da frustate verbali ed assillanti cospirazioni latenti. Chiamato a dare un seguito al precedente "L'ultimo uomo", il nuovo full-lenght "Chroma" non darà modo a Slow Wave Sleep di sentirsi appagato: sarà ogni volta capace di formulare nuove alchimie musicali che non si confondano con nient'altro, finchè dietro le quinte agirà un rinnovante Deus ex-machina come Emilio Larocca Conte. (Max Casali)