WARM SWEATERS FOR SUSAN  "Warm Sweaters for Susan"
   (2019 )

Originari della terra dei due mari, i tarantini Warm Sweaters for Susan approdano in scena con l’omonimo primo e.p. a 5 pezzi, galleggiando tra delineature indie-rock, sortite pop e rifiniture shoegaze. Con quale risultato? Senz’altro dignitoso, nonostante abbiano in canna numeri qualitativi più grandi, che saranno ancor più tangibili curando maggiormente la produzione al prossimo appuntamento. Non va comunque intesa come un’occasione persa, poichè al primo tentativo non si può pretendere di avere subito la giusta malizia risolutiva, ma i ragazzi sapranno, auspicabilmente, migliorarsi con un volenteroso work in progress. Partono serrati con le chitarre svolazzanti di “That’s the way my passion stirs”, in pieno clima new-wave, che affliggono un rotante movimento shoegaze, in cui la narrazione si fa indolente e pervicace, mentre “Gravity“ rende tutto più cupo, chiuso in un dolce isolazionismo, sfavillando comete tra l’indie ed il dreamy (di marchio Smashing Pumpkins) ma con ragionata cronologia esecutiva che la band sa dosare a dovere con staffilate alternate e convincenti, deputati ad una mirata perequazione tra i stili. Con “Teach me to walk” percorrono selciati dei Pavement, con quel tipico garbo fluttuante che mette d’accordo tutti, fatto di accordi ovattati e bisbiglianti: insomma, nessuno gli può “insegnare a camminare”, in quanto le loro gambe sono già pronte a lasciare orme riconoscibili. Lacrime di chitarra avvolgono il mood di “The quick brown fox jumps over the lazy dog” segnato dallo strascichio vocale di Mimmo Gemmano che incornicia il brano in un valido quadretto elastico e sofferente: insomma, parliamo di quelle scie British lasciate da Cure e Stereophonics. La tensione si allenta in “Satellities”: frizzante indie-pop che scivola bene come l’olio, con ricami d’assolo chitarristici che frazionano l’ascolto con misurata gaiezza e dosato galoppo assemblativo. A tirar le somme, non importa se, come anticipato in premessa, qualche tratto dell’e.p., risulta grezzo, sporco, poco rifinito: lo prendiamo come un lodevole tentativo di sperimentare un suono, un qualcosa di diverso che riesca, comunque, ad infondere un valido scossone senza aspettarsi nulla in cambio. Con questa generosità d’impegno, i Warm Sweaters for Susan sapranno trovare la giusta quadra per arricchire il loro sound senza più alimentare ombre di dubbio. Basta crederci e non cedere alla pigrizia. (Max Casali)