STREIFENJUNKO  "Like driving"
   (2018 )

Il duo Streifenjunko, composto dal sassofonista Espen Reinertsen e dal trombettista Eivind Lønning, crea ampie distese musicali, tramite composizioni per i due strumenti. Si soffermano spesso e volentieri sul soffio, su quella zona suono - non suono che li fa stare in bilico fra ambient e noise. Giunti al loro terzo album, “Like driving”, appena uscito per la celebre Sofa Records, non potevano che approdare in una terra per loro d’ausilio fondamentale: l’elettronica. I segnali che vengono generati non sono abbellimenti per i suoni di tromba e sax, l’approccio è invertito. Gli strumenti musicali si mettono al servizio degli impulsi e dei loop, l’umano segue i frattali sonori della macchina: da qui il senso del titolo, è “come guidare”. Tre sono le tracce che compongono quest’esperimento: “Everything we touch is magic”, “Astronaut peace” e “Like driving”. Nella prima ci sono sedici minuti di costante on/off, gli input elettrici vengono avviati e stoppati di continuo, creando un dialogo tra suono e silenzio. In fase “on”, gli impulsi creano armonie, di tonalità maggiore, minore, e nel tempo costituiscono una sequenza armonica di senso compiuto. Una piazzola di sosta al centro di questo discorso lascia gli strumenti a fiato liberi di emettere i propri rumori, per poi rimettersi in carreggiata. La seconda traccia invece parte da disturbi, quelli ottenuti premendo il pollice sulla punta di un cavo jack collegato, per poi svilupparsi in sovrapposizioni di note dei fiati, stavolta senza interruzioni isteriche. Si crea un’ondata gialla di ottone, costante come un massaggio cerebrale di sette minuti. La terza infine unisce le due direzioni, avviando e stoppando gli interruttori e mantenendo spesso l’improvvisazione su note lunghissime e messe in loop. A metà traccia alcuni battiti legnosi gocciolano come un rubinetto chiuso male. Dal tredicesimo minuto però, la macchina inizia ad eseguire delle veloci note (crome), dando una parvenza di meta raggiunta. Ma dopo due minuti, la stabilità scompare, e l’on/off ci catapulta in stanze costantemente diverse, come facendo uno zapping ossessivo senza soffermarsi su nessun canale. Alla fine tutto si risolve in fischi acutissimi che portano allo spegnimento al diciannovesimo minuto. Da ascoltare con gli occhi chiusi. (Gilberto Ongaro)